SANITÀ
Varese: pochi medici e malpagati
Camici bianchi in fuga, parla Giovanna Beretta, presidente dell’Ordine. «Passaggio in Svizzera costante ma non in aumento»
Ancora un medico di primissimo livello che se ne va. Ancora una volta in Svizzera. La notizia data ieri, venerdì 22 dicembre, dalla Prealpina per cui la sanità varesina perderà anche Walter Ageno, primario del Pronto soccorso dell’ospedale di Circolo di Varese, ha destato clamore e preoccupazione. Non solo per il mondo della salute, ma anche per quei cittadini che, da anni, vedono sparire dei pezzi della sanità pubblica, dai posti letto ai professionisti, appunto, come il professor Ageno che valicherà il confine per diventare primario di Medicina interna all’ospedale regionale di Bellinzona e Valli.
LA TENTAZIONE
Quello del “trapianto” di medici dal Varesotto al Canton Ticino è un fenomeno recente o fisiologico? È possibile fermare l’emorragia? Come? Lo abbiamo chiesto a Giovanna Beretta, presidente dell’Ordine dei medici di Varese. «Nella nostra provincia – afferma la presidente dell’Ordine – il passaggio di medici in Canton Ticino è costante e non in aumento. Anzi, devo dire che durante il periodo della pandemia, quando furono aumentate le assunzioni negli ospedali italiani, questo fenomeno si era un po’ fermato».
«Il problema, però, non è soltanto che i medici se ne vanno, ma soprattutto che ce ne sono pochi - aggiunge -. Quindi un professore bravo come Ageno o come altri, è ambìto e ricercato da altri. Anche perché il dato di fatto è che il trattamento economico dei medici e, in generale, degli operatori sanitari, in Italia, non è adeguato rispetto ai Paesi esteri. E quindi c’è il giovane laureato in Medicina che cerca una nuova esperienza di vita all’estero, ma anche il pensionato allettato da proposte straniere».
STIPENDI E COSTO DELLA VITA
Questo chiaramente si acuisce nella fascia di confine dove i frontalieri, anche i dottori, prendono uno stipendio svizzero, decisamente alto rispetto a quello tricolore e poi vivono in Italia, col costo della vita del nostro Paese molto più basso di quello di un collega che vive a Lugano, Bellinzona, per non parlare di Zurigo. Insomma, la “diagnosi” di fronte alla questione è complessa. Idem, quindi, per la cura. Chiaramente, aumenti di stipendio aiuterebbero a trattenere i professionisti: sarebbe sufficiente oppure soltanto un palliativo?
«CRISI MONDIALE»
Ma non è solo l’Italia ad avere la coperta corta dei medici: «La crisi dei professionisti c’è a livello mondiale – aggiunge ancora la presidentessa – e così bussano alle nostre porte da tutto il mondo: nazioni arabe, europee eccetera. Per bloccare questo flusso va riconosciuta la professionalità e l’importanza della figura medica come caposaldo dello sviluppo di uno Stato. Poi è anche una questione di organizzazione, cambiando le modalità di lavoro e imparando a collaborare con le altre professioni, affinché non si perdano energie per creare dei doppioni di attività». «Infine servirebbero politiche di conciliazione dei tempi tra il lavoro e la famiglia, col problema degli asili nido e altre forme di aiuto che mancano».
«C’È ANCHE CHI TORNA»
All’interno di una malattia che sembra profonda, c’è però una speranza: «Stiamo assistendo anche a casi di rientro dei medici che tornano in Italia perché qui c’è una cultura sanitaria universale molto forte, inserita in Costituzione e insita nella società che permette ancora oggi, nonostante tutto, di curare al meglio i pazienti».
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