IL 25 NOVEMBRE
Varese: «Se tocca a me voglio essere l’ultima»
Centro tappezzato di manifesti contro la violenza sulle donne. E in piazza Carducci presidio di FemVa e EOS Centro Ascolto Donna
Varese si è svegliata oggi, sabato 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, col centro storico tappezzato di manifesti. Cartelli ovunque con messaggi ovviamente rivolti alla sensibilizzazione verso la tutela delle donne. In corso Matteotti, “salotto buono” della città, gli slogan: «La mia tristezza è sepolta insieme alle sorelle uccise. Non mi resta che rabbia» e «Se tocca a me voglio essere l’ultima».
Analoga iniziativa c’era stata a settembre sempre da parte FemVa. Oggi, sul tema della tutela della donna, anche l’intervento dell’avvocato Caterina Cazzato.
PRESIDIO IN PIAZZA
Tornando ai manifesti, FemVa organizza inoltre per oggi, dalle 14.40, in piazza Carducci, FemVa, un presidio contro ogni forma di violenza sulle donne e di genere. È promosso in collaborazione con EOS Centro Ascolto Donna.
«Gli eventi degli ultimi giorni e in particolare il femminicidio di Giulia Cecchettin hanno aperto uno squarcio nella coscienza pubblica che come collettivo femminista operante da tre anni sul territorio non abbiamo potuto né voluto ignorare - spiega Anna Calò di FemVa - con la consapevolezza, però, che femminicidi, stupri e violenze fisiche e psicologiche contro le donne vengono ancora raccontati come episodi sporadici ed emergenziali, e spesso con toni sensazionalistici o morbosi, mentre noi ci opponiamo a questa lettura e a questa narrazione della realtà: la violenza patriarcale e capitalista, fondata su gerarchie, potere e dominio, è sistematica e strutturale».
«In Italia - aggiunge Calò - viene uccisa una donna ogni 72 ore, alcuni femminicidi fanno più notizia e altri meno, per non parlare dei transcidi spesso non indagati e archiviati come suicidi, in un meccanismo di discriminazione e marginalizzazione che prosegue dalla vita nella morte».
Il presidio oggi inizierà appunto alle 14.30 e prevede letture di brani, interventi, distribuzione di materiale grafico e canzoni.
«Il 25 novembre è una data simbolica importante, come quella dell’8 marzo, e in questi momenti per noi è essenziale occupare uno spazio pubblico e permettere alle persone di riunirsi, coi corpi e con le voci, in piazza - osserva Giulia Franceschina - ma la nostra, come quella di “Non Una di Meno”, movimento a cui ci sentiamo vicine, è una mobilitazione quotidiana: il nostro lavoro di ricerca, formazione, autocoscienza e confronto prosegue tutto l’anno, e trova nei momenti di piazza una tappa imprescindibile di lotta e sorellanza. Siamo quindi in piazza per Giulia e per tutte le altre 105 donne ammazzate quest’anno; saremo in piazza perché siamo stufe di doverci armare di una buona dose di coraggio, invece che di una buona dose di libertà, ogni volta che occupiamo uno spazio, pubblico o privato; saremo in piazza per parlare della piramide della violenza che è alla base della cultura dello stupro: questa piramide ha alla base le chiacchiere da spogliatoio e il sessismo, e attraverso il catcalling, le molestie verbali, lo stalking, il victim blaming, le minacce, la manipolazione, arriva allo stupro e al femminicidio, che è la punta della piramide. Dobbiamo abbattere questa piramide, tutte e tutti insieme».
FemVa è nata nel 2020. «Crediamo nel valore delle parole come forma di resistenza e crediamo che la liberazione inizia quando un gruppo di donne si siede in cerchio e inizia a parlare» spiega Giulia Tiziani. Che conclude: «Serve che gli uomini inizino a mettere in discussione i privilegi di cui hanno sempre goduto, consapevolmente o meno, e si rendano conto che il sistema patriarcale opprime anche loro, con il suo portato di stereotipi e pregiudizi legati al machismo e ad una mascolinità tossica. In questo senso, non possiamo che essere grate a Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, per il coraggio e le parole da lei spese in questi giorni, e condividere il suo messaggio che sentiamo anche nostro: “Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno».
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