IMMIGRAZIONE
Varese: terroristi o disperati?
Da Lampedusa al Varesotto e Alto Milanese: il rischio che i radicali si nascondano tra i profughi. «Ma la maggior parte sono donne e bambini»
La storia di Abdesalem Lassoued, sbarcato a Lampedusa e diventati assassino in Belgio dopo aver risalito l’Italia e girato l’Europa dimostra che un margine di rischio esiste. Se quasi tutti i profughi che arrivano in Italia sono disperati in cerca di un futuro, nessuno può escludere che tra loro si nasconda qualcuno che un giorno potrebbe diventare terrorista.
Ecco perché nella provincia di Varese negli ultimi giorni il livello di attenzione è stato ulteriormente innalzato: i riflettori delle forze dell’ordine sono puntati soprattutto sull’aeroporto internazionale di Malpensa, porta dell’Europa ma anche obiettivo sensibile; così come sono obiettivi sensibili la caserma Nato di Solbiate Olona, oppure un luogo simbolico per i cristiani come il sacro Monte di Varese. Storicamente, il territorio non è mai stato preso di mira dai terroristi islamici.
NESSUNO È AL SICURO
Ma il terrorismo è proprio questo: creare le condizioni perché nessuno possa sentirsi davvero al sicuro. Come non si sentono più tanto sicuri i residenti in corso Garibaldi a Legnano, che ieri hanno scoperto che il “Soldato di Allah” Ibrahim Tawfik, arrestato sabato per essersi scagliato Corano alla mano contro chi passava in viale Monza a Milano, era stato loro vicino di casa prima di essere arrestato con l’accusa di essere uno scafista.
Anche Tawfik era sbarcato a Lampedusa, e se all’epoca era stato identificato come scafista ieri l’altro era comunque a piede libero, perché ormai aveva pagato il suo debito con la giustizia. Certo, non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Oggi solo nel centro accoglienza straordinaria (Cas) gestito dalla Croce Rossa a Legnano ci sono trenta profughi, altri 15 arriveranno a giorni. In tutto il Legnanese ci sono poi un’altra sessantina di stranieri ospitati dalle associazioni che hanno aderito al protocollo di sicurezza firmato dal prefetto di Milano Renato Saccone.
Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di donne con bambini, quasi tutti provengono dall’Africa. Ma al Cas o nelle case alloggio sono arrivati dopo un percorso preciso, che di fatto permette di escludere chi potrebbe rappresentare un rischio.
Lo stesso percorso che ovviamente seguono anche i profughi accolti in provincia di Varese. «Anche sul nostro territorio la stragrande maggioranza dei profughi è rappresentata da donne e bambini - afferma il prefetto di Varese, Salvatore Pasquariello -. Oggi i pochi uomini ospitati arrivano dal Pakistan e dal Bagladesh, paesi dove il rischio di radicalizzazione islamica è oggettivamente meno alto».
A preoccupare però non sono tanto gli ospiti dei Cas e della rete di accoglienza, quanto chi tra le maglie di questa rete riesce a infilarsi. Come ad esempio i tre ragazzi di 16 anni che lo scorso 5 ottobre erano sbarcati a Lampedusa, e che una settimana dopo sono stati trovati a dormire sulle panchine del Parco Castello di Legnano.
I TRE RAGAZZI AL PARCO
A trovarli è stata una donna di origini tunisine che stava passeggiando nel parco, i tre erano scalzi e febbricitanti. Scoperto che anche loro erano tunisini, la donna li ha accompagnati al commissariato di polizia di Legnano.
Secondo il loro racconto, dopo lo sbarco erano stati mandati nel centro di prima accoglienza di Trapani, dove altri profughi avevano preso loro le scarpe e gli occhiali. I tre, amici da una vita, avevano quindi deciso di fuggire e risalita l’Italia erano arrivati a Legnano. Verificata la loro età tramite gli esami radiologici, i primi accertamenti hanno permesso di dimostrare che la storia che avevano raccontato era vera e che in Italia non avevano mai avuto guai con la giustizia, così la macina della solidarietà si messa in moto e oggi grazie a un’associazione i tre hanno un tetto e qualcuno che li sta seguendo nell’iter per ottenere il riconoscimento dello status di profughi.
Ma quanti come loro hanno seguito la stessa strada, risalendo l’Italia come clandestini? E quanti tra questi lo hanno fatto o lo faranno per disperazione e ignoranza, oppure perché hanno tutto l’interesse a non lasciare tracce e a vivere nascosti? La verità è che oggi a questa domanda nessuno può rispondere con certezza.
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