L’INDAGINE
«Volevano preparare attentati in Italia»
Le intercettazioni delle telefonate tra i sei accusati di terrorismo internazionale svelano i propositi degli aspiranti foreign fighters di Lecco e Brunello. In una foto recuperata dai Ros c’è anche il figlio di Oussama Khachia
Sono inquietanti i primi sviluppi dell’indagine che ha portato, la mattina di giovedì 28 aprile, all’arresto di quattro persone e alla ricerca di altri due latitanti, tutti sospettati di far parte di un’organizzazione di foreign fighters dell’Isis: i due latitanti sono Mohamed Koraichi, nato in Marocco il 26 febbraio 1985 e residente a Bulciago (Lecco) e la moglie Alice Brignoli nata a Erba il 13 dicembre 1977. La coppia, per inquirenti e investigatori, si trova con i tre figli di 6, 4 e 2 anni «nel territorio dell’organizzazione terroristica Stato Islamico».
Invece è stata arrestata a Baveno, in provincia di Verbania, Wafa Koraichi, nata in Marocco il 17 aprile 1992 e sorella di Mohamed.
Sono poi stati fermati anche Abderrahim Moutaharrik, cittadino italiano di origini marocchine, campione di pugilato e kickboxing in Svizzera, nato il 23 giugno 1988 e residente a Lecco, e sua moglie Salma Bencharki, anche lei nata in Marocco il 15 marzo 1990.
Infine è finito in carcere Abderrahmane Khachia, nato in Marocco il 2 maggio 1993 e residente a Brunello, fratello di Oussama, espulso dall’Italia perché ritenuto fiancheggiatore dell’Isis e dato per morto nel dicembre del 2015.
«ATTACCATE ROMA»
Dalle intercettazioni dell’inchiesta che ha portato all’operazione antiterrorismo congiunta Ros-Digos, emerge che il marocchino scomparso nel 2015 con la moglie e i tre figli da Bulciago (Lecco), ovvero Mohamed Koraichi, parlava con Abderrahim Moutaharrik di attentati da compiere in Italia. In particolare a Roma, città del Giubileo, laddove «i cristiani più odiano i musulmani».
Dalle zone di guerra siriano-irachene sarebbe infatti arrivata «la richiesta di effettuare attentati sul territorio italiano, una indicazione non generica ma specifica che ci risulta da messaggi che abbiamo intercettato».
Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli nella conferenza stampa sul blitz antiterrorismo.
Nella conferenza stampa è stato spiegato che il marocchino arrestato perché voleva partire per unirsi all’Isis con la moglie e i due figli «è uno sportivo di qualità un pugile di kickboxing di alto livello in Italia e all’estero. Sarebbe stato lui a ricevere la richiesta di compiere attentati in Italia da parte del marocchino che fino all’anno scorso era stato suo concittadino a Bulciago. L’atleta è stato arrestato con la moglie e i figli di due e quattro anni della coppia che voleva unirsi alle milizie dell’Isis, sono stati affidati temporaneamente ai nonni e, in particolare, ai genitori del padre dei piccoli, che è di origine marocchina e ha cittadinanza italiana.
CHOC A BRUNELLO
Dopo l’annuncio della morte di Oussama, trentuenne saldatore espulso dall’Italia nel 2015 perché propagandava la Jihad, la famiglia Khachia si ritrova di nuovo al centro dell’attenzione: il ventitreenne fratello di Oussama è stato arrestato perché aveva intenzione di unirsi ai combattenti dell’Isis insieme con la coppia di Bulciago come lui finita in manette. Un colpo di testa? Un’azione voluta per onorare la memoria del fratello integralista che, stando alle comunicazioni della famiglia e della comunità islamica locale, sarebbe morto lo scorso dicembre in Iraq (in circostanze per altro mai chiarite)?
Tra i documenti dei Ros c’è però una fotografia che pone nuovi dubbi sul destino di Oussama. L’immagine ritrae quattro bambini che indossano una tuta e con l'indice di una mano rivolto al cielo in atteggiamento che simboleggia l'esaltazione del martirio. I bambini sono i tre figli della coppia di Bulciago (Lecco) che ora risulta essere nel Califfato ed è dunque latitante, e il quarto è il figlio di Oussama Khachia.
Sta di fatto che anch il fratello di Oussama, nonché zio di questo bambino, era pronto a entrare nella schiera dei foreign fighters e aveva trovato, attraverso la cognata del suo connazionale Mohamed Koraichi - latitante con la moglie Alice Brignoli - il modo per imbarcarsi per la propria Guerra Santa.
IL TRAMITE? A BAVENO
«Lavorava come cameriera in un ristorante di Baveno, ma si vedeva poco in giro: faceva vita ritirata».
Così i vicini di casa di Wafa Koraichi, la marocchina di 24 anni arrestata nell’ambito dell’operazione antiterrorismo che ha portato in carcere quattro persone (sulle sei ricercate) tra Piemonte e Lombardia.
La donna abitava a Baveno col marito, che fa il pizzaiolo a Lesa (Novara), in un vicolo della cittadina lacuale, una zona alle spalle dell’Ufficio postale cittadino. La coppia - anche il marito è marocchino - ha un figlio di due anni.
Dalle intercettazioni, secondo quanto appreso, l’uomo sembrerebbe poco interessato alla Jihad, mentre sul cellulare della donna ci sarebbero frequenti scambi tra lei e il fratello, il trentunenne Mohamed Koraichi, scomparso da tempo con la moglie.
LE REAZIONI
«Operazione stamani anti estremisti al nord molto importante. Complimenti a ministro, intelligence, inquirenti e forze ordine >tuttiinsieme»: questo è stato tweet del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, cui sono seguite dichiarazioni anche polemiche sulla gestione dell’immigrazione in Italia da parte del governo.
«Bravi, complimenti alle forze dell’ordine nonostante il Governo, che invece è complice di una immigrazione fuori controllo - ha attaccato il leader della Lega, Matteo Salvini, commentando gli arresti -. Renzi invece di criticare l’Austria prenda esempio da un Paese che difende i propri confini e i propri cittadini».
«Gli arresti in Lombardia dimostrano ancora una volta che la prevenzione in Italia funziona. Di ciò va dato merito al ministro Alfano, alla nostra intelligence, alle forze di sicurezza che stanno lavorando al meglio per garantire la sicurezza nazionale grazie alla messa a fattor comune delle informazioni sensibili, una struttura organizzativa che non a caso abbiamo proposto quale modello esportabile in ambito europeo. Combattere il fondamentalismo jihadista richiede nervi saldi e determinazione, esattamente ciò che manca al segretario leghista Salvini, il quale anche oggi non ha perso occasione per tacere, alimentando con la sua stucchevole demagogia il balletto del tanto peggio tanto meglio».
Lo afferma Rosanna Scopelliti, capogruppo di Area Popolare in Commissione Difesa alla Camera, cui fa eco il collega d AP nella stessa commissione, Andrea Cusin: «A Salvini, e a tutti i polemisti di professione targati Lega - prosegue - rivolgiamo una domande semplice: conoscono il significato della parola arresto? Forse no, se anche di fronte ad un successo della squadra Stato riescono a trovare spunti di polemica. Per fortuna e per il bene del Paese, la sicurezza non è nelle loro mani».
Ampi servizi sulla Prealpina di venerdì 29 aprile.
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