LA SENTENZA
Abusi di notte sulla figlia: assolto per sonnambulismo erotico
I fatti nel Gallaratese, l’uomo tentò un approccio sessuale con la bambina di 10 anni. «Soffre di sexsomnia»: vizio di mente
Non abusò di sua figlia. Ci sono voluti tre anni per dimostrarlo, ieri, martedì 18 novembre, è arrivata la sentenza: il trentasettenne è stato assolto per vizio totale di mente. Lo stesso pubblico ministero Martina Melita è giunta alla medesima richiesta.
Del tutto inconsapevole
Ciò che accadde in una notte di gennaio del 2022 è innegabile: nel sonno l’uomo tentò un approccio sessuale con la bambina che all’epoca aveva dieci anni. Dormivano insieme nel lettone e quando sentì le mani del padre addosso la piccola si alzò di scatto chiedendogli «papà ma cosa stai facendo». Lui si girò dall’altra parte e ripiombò nel sonno profondo. La perizia disposta dal collegio presieduto dal giudice Giuseppe Fazio è molto chiara: l’imputato è affetto da sexsomnia. È un disturbo simile al sonnambulismo, che comporta atti libidinosi inconsci e coperti da amnesia. Accadono soprattutto con il partner e non sono vissuti come un’anomalia, non accendono campanelli d’allarme. Sono episodi che passano inosservati, lo ha spiegato ieri in aula il luminare di psichiatria forense Rolando Paterniti. Ma possono capitare anche con chi condivide il giaciglio occasionalmente: un amico, un’amica, un figlio. «È un disturbo molto ben documentato in letteratura e rientra nel manuale psicodiagnostico Dsm-5», commenta l’avvocato Gloria Menegazzi.
Depressione
Oggi la ragazza ha tredici anni, a processo si è costituita parte civile (attraverso la madre) con l’avvocato Alessandra Salomoni che sulla tesi del sonnambulismo erotico ha avanzato dubbi fino alla fine. Di fatto la tredicenne non ha più rapporti con il padre da quel giorno. Fu lei a raccontare l’episodio l’indomani, sfogandosi con la mamma. La sua capacità di testimoniare era stata accertata in sede di incidente probatorio, nessuna incertezza o contraddizione nel racconto di quella nottata trascorsa nella nuova casa del papà. L’uomo non ha mai contestato la genuinità delle parole della figlia ma si è sempre detto inconsapevole di eventuali responsabilità. La presa di coscienza di quella parte sconosciuta di se stesso a quanto pare lo ha gettato in una profonda crisi. «Dalle relazioni è emersa la volontà di togliersi la vita», rivela l’avvocato Menegazzi. «E soffre molto per la figlia, con cui aveva un bellissimo rapporto». Fuori dall’aula l’uomo ha insultato la ex compagna e per poco le parti non sono venute alle mani. La riconciliazione sembra lontana.
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