VIA MARCONI
Una tragedia evitabile?
Pochi giorni prima del crollo che uccise Fouzia e i suoi due bambini, nella parete poi crollata apparvero delle profonde crepe. Il dramma personale di Antonio Colombo

Da quasi quattro mesi Antonio Colombo ha perso la pace. Il suo cruccio, che è anche il motivo per cui è indagato, è semplice quanto angosciante: l’amministratore unico della società proprietaria dell’edificio di via Marconi avrebbe potuto evitare la morte di Fouzia Taufiq e dei suoi due bimbi?
Forse una telefonata ai vigili del fuoco avrebbe evitato la sciagura del 24 giugno, quando la famigliola fu travolta dai detriti e trovò una morte pressoché immediata. Traspare dalle pagine della perizia autoptica, in cui sono allegati alcuni verbali di sommarie informazioni. Subito dopo il crollo del cornicione, Colombo venne ascoltato dai carabinieri di Albizzate ai quali raccontò: «La scorsa settimana... mi ha segnalato delle piccole crepature... lunedì mattina (il 22 giugno), nel rientrare in ufficio ho visto all’esterno una bella crepa verticale di circa 50 centimetri di lunghezza all’altezza del mio ufficio, ho quindi chiamato il muratore parlandogli di questa nuova crepa e sollecitando un suo intervento abbastanza urgente. È passato da me la mattina di oggi, 24 giugno, alle 9, ha fatto un controllo approfondito su entrambe le strutture, mi ha consigliato di chiamare un ingegnere perché il danno gli è parso stavolta rilevante e di natura strutturale...».
Dopo circa otto ore la tettoia in cemento armato che correva lungo la facciata dell’edificio si staccò dalla struttura e travolse la donna che in quel momento passava spingendo la carrozzina che trasportava la piccola Yakout e il maschietto, che pedalava qualche passo più avanti.
I carabinieri - coordinati dal pubblico ministero Nadia Calcaterra - sentirono subito anche il muratore contattato da Colombo, il quale disse: «Colombo mi ha chiamato lunedì, aveva bisogno del mio intervento a causa di alcune crepe che lui aveva notato lungo i muri esterni verticali di tutto lo stabile di sua proprietà... ci siamo messi d’accordo per visionarlo nella mattinata di oggi (mercoledì 24 giugno)...ho notato subito le crepe facendole notare a Colombo che era insieme a me. Le crepe erano troppo profonde per un intervento ordinario da parte mia...perché i danni a mio avviso erano particolarmente seri ed erano danni strutturali e non superficiali».
Il rischio di un collasso era quindi imminente. Nessuno però avrebbe pensato che fosse solo una questione di ore. Allertare le unità operative competenti, sgomberare le attività di via Marconi e delimitare l’area affinché nessuno potesse avvicinarsi sarebbe stata forse la scelta opportuna.
Oltre a Colombo, che è difeso dall’avvocato Luca Abbiati, nel registro degli indagati il pm Calcaterra ha iscritto anche Cesare Gallazzi, ingegnere novantacinquenne che nel 1994 fu progettista della ristrutturazione dell’ex cotonificio Bellora, assistito dall’avvocato Concetto Galati. Le parti civili, rappresentate dagli avvocati Matteo Benatti e Lara Paladino, attendono risposte sulle reali responsabilità della tragedia di San Giovanni.
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