MUSICA
Alice, una voce dritta al cuore
La vincitrice di Sanremo 1981 emoziona il pubblico del Summer Festival varesino
Riduci la stelle in polvere... Così s'è aperto il concerto di Alice nel segno del passaggio da Oriente Occidente. Un passaggio che è stato un viaggio sulle tracce invisibili ma luminose che ha lasciato Franco Battiato, cui la cantante forlivese - da bambina allieva di Rosa Nisi, madre di Checco Marsella dei Giganti - ha dedicato il concerto. Ovvero della terza serata del Varese Summer Festival, anche stasera premiato da oltre 1.200 spettatori. Eri con me, riflessione sulla reincarnazione tratto da Apriti Sesamo (2012), che dá il titolo al tour di Alice, è arrivata subito dopo. Accompagnata dai Solisti Filarmonici Italiani, diretti da Carlo Guaitoli - per vent'anni collaboratore di Battiato - Alice ha elevato alti sul parterre dei Giardini Estensi il suo inconfondibile timbro impastato di toni bassi e rapide risalite verso l'acuto di un salmo: prima Lode all'Inviolato, estensione del dubbio esistenziale di Niccolò Paganini tra Bene e Male, poi Sui Giardini della Preesistenza, un rimando a Caffè de la Paix, album del 1993 in cui il Maestro siciliano ragionava del ritorno all'Uno, come predicava il mistico armeno George Ivanović Gurdjieff che quel Caffè parigino frequentava come un maestro una cattedra sull'esistenza.
Quindi Veleni, seguita dall'Addio che Battiato, nel 1981, affidò alla voce della compianta Giuni Russo. Perle infilate sul filo teso dell'emozione. Il pubblico segue in un silenzio più mistico che religioso.
Alice percepisce la tensione: la domina, la guida, la esalta con Segnali di Vita e le note disegnate da Battiato s'incarnano ancora una volta nella sua voce.
Sì è lei - come altri fecero notare già ai tempi di Per Elisa (eseguita come gran finale per l’ennesima standing ovation), vincitrice di Sanremo 1981 - «lo strumento della musica di Battiato» ma non solo: ne è la vestale fedele, l'interprete di quella ricerca individuale che è il risveglio del "sonno verticale" di Gurdjieff che la musica rende cammino condiviso solo a seguirla con la dedizione di un derviscio.
Dopo mezz’ora di concerto l'applauso si allunga come l'ombra della sera. Anche le nuvole si tengono al largo dal Parco di Francesco III, spalancando un cielo libero da ingombri come la coscienza quando si pone la domanda Io chi sono?. La canzone è del 2006 (da Il vuoto) ed è un invito a prendere consapevolezza del proprio cammino: «E siamo qui, da un tempo immemorabile...».
Parole e note che fanno da preludio a un viaggio che sfiora Chanson egocentrique, La Cura, I Treni di Tozeur, Prospettiva Nevski, Povera Patria: l'Io, l'Amore indeclinabile, il viaggio coi suoi miraggi, la strada che fa la storia di un popolo ma che è anche parafrasi di quanto fragile sia l'uomo che «crede di essere qualcuno che gli sfugge continuamente». E allora ecco il volo degli Uccelli, solo all'apparenza inconsapevole: una vertigine che Alice affronta da custode di un tesoro qual è il lascito di Battiato: «Non basta il messaggio se non è supportato dal fascino del mistero». Carla Bissi, alias Alice, stasera l'ha spiegato a modo suo. Con una grazia che arriva dritta al cuore.
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