L’INTERVISTA
Pietro Arese e il bronzo agli Europei: «I Giochi? Invento qualcosa»
L’azzurro racconta alla Prealpina le emozioni del suo primo podio: «Non ho dormito, ho fatto una passeggiata per godermi il momento»

Da un punto di vista statistico una certezza c’è già: il bronzo conquistato da Pietro Arese sui 1.500 agli Europei lo inserisce in una ristrettissima lista di “miti” dell’atletica italiana. Prima di lui erano andati a medaglia solo in tre nella specialità, cioè Luigi Beccali (oro nel 1934 e bronzo quattro anno dopo), il solo omonimo Franco Arese (primo a Helsinki 1971) e Gennaro di Napoli (argento a Spalato 1990).
Uno dei principali valori del 24enne ormai varesino acquisito è sempre stata però la calma, quindi sarà difficile per lui esaltarsi troppo anche se il risultato potrebbe permetterlo. La stagione è ancora lunga, ora conta rispettare il percorso fatto insieme al tecnico Silvano Danzi con il quale si sta “costruendo” un mezzofondista capace di migliorare stagione dopo stagione.
Pietro Arese, com’è stato svegliarsi con la medaglia giovedì mattina?
«In realtà non sono mai andato a dormire, avevo troppa adrenalina. Mercoledì sera è stato incredibile e ho provato tantissime emozioni, oltre che impegni: solo per quelli istituzionali sono uscito dall’Olimpico alle 3. Una volta tornato all’Acquacetosa ho fatto una lunga passeggiata fermandomi nel silenzio per godere il momento e in un attimo si sono fatte le 6. La fame mi ha imposto la colazione prima della partenza per il Quirinale, dove siamo stati ricevuti dal presidente Mattarella. Difficilmente mi scorderò quella nottata».
Ripensando alla gara e considerato il suo ottimo stato di forma, se potesse rifarla si comporterebbe nello stesso modo?
«Sì perché alla fine ho raggiunto il risultato che volevo quindi è inutile rimuginare, pur con l’argento a soli quattro centesimi. Ora mi terrò la medaglia al collo il più a lungo possibile quindi è già pronto uno spazio in camera insieme agli altri traguardi raggiunti in carriera».
Una carriera particolare perché affianca lo sport di alto livello allo studio. Lei è iscritto al corso di Ingegneria per la sicurezza del lavoro e dell’ambiente all’Insubria, che vantaggi reputa di trovare da questa doppia strada?
«Credo che sia ideale per trovare e mantenere il giusto set mentale quando si vuole raggiungere un obiettivo, ma non solo. Avere questo impegno mi aiuta anche nel creare un circolo virtuoso, sempre in testa, durante gli allenamenti perché trovo sia più facile fare ordine nelle idee. In pochi lo sanno ma a poche ore dai Bislett Game di Oslo (dove il 30 maggio fece il record italiano sui 1.500 in 3’32”13 ndr) ho fatto online una lunga lezione di ripasso per l’esame che avrei avuto tre giorni dopo».
Il suo rapporto con il tecnico Silvano Danzi che la segue da anni è sempre speciale?
«Decisamente, con Silvano andiamo oltre la semplice idea allenatore-atleta ma ci confrontiamo su tante cose. Ogni stagione aggiungiamo dei pezzi al nostro vissuto per cercare di migliorarci, adesso dovremo inventarci qualcosa verso le Olimpiadi. La strada da percorrere è già fissata, inutile stravolgere troppo anche se il palcoscenico sarà il più difficile possibile. Io voglio arrivare in finale e provare a giocare le mie carte, sarebbe un’impresa prendere una medaglia ma perché non sognare?»
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