IN CARCERE
Bracconaggio ittico nel Varesotto: banda sgominata
Operava anche nelle province di Novara e Venezia. Le misure cautelari (sette arresti e un obbligo di dimora) sono scattate nei confronti di sette rumeni e un italiano

Un 32enne di Borgo Ticino è stato condotto in carcere. Tre uomini residenti a Castelletto Sopra Ticino, due a Borgo Ticino e uno a Besozzo sono finiti agli arresti domiciliari, e per una donna è stato disposto l’obbligo di dimora con il divieto di uscire nelle ore notturne.
LA BANDA
Sgominata una banda, la cui base si trovava a Borgo Ticino, che si dedicava al bracconaggio ittico nelle acque interne delle province di Varese, Novara e Venezia. Le misure cautelari sono scattate nei confronti di sette rumeni e di un cittadino italiano. Sono tutti indagati per associazione a delinquere finalizzata a vari reati tra cui l'uccisione di animali, la frode alimentare, il commercio di sostanze alimentari nocive e la distruzione di habitat di aree protette. Due componenti del gruppo dovranno rispondere anche dell’accusa di autoriciclaggio. Sono stati inoltri sequestrati conti correnti bancari, immobili e auto per un valore complessivo di oltre 218mila euro. Proprio dall’analisi del conti gli investigatori hanno scoperto che parte dei proventi illeciti sono stati riutilizzati in attività edilizie riferibili agli indagati. I provvedimenti sono stati emessi, su richiesta del sostituto procuratore di Novara Silvia Baglivo, dal gip (giudice per le indagini preliminari) del Tribunale di Novara Rossana Mongiardo.
LE INDAGINI E LE PERQUISIZIONI
È il bilancio della seconda parte dell’operazione “Controcorrente” portata a termine dai carabinieri forestali del nucleo Cites (Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora) di Torino. Hanno operato una settantina di militari dei gruppi di Novara, Torino e Rovigo. Le indagini si sono sviluppate tra Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Nel corso delle perquisizioni è stata rinvenuta dell'attrezzatura vietata: strumenti che ogni giorno consentivano la cattura d'ingenti quantitativi di pesce che veniva poi venduto, attraverso delle false documentazioni che ne attestavano la provenienza legittima, a ditte specializzate dell’Est Europa e a diversi mercati nazionali. I prodotti non erano sottoposti ad alcun controllo sanitario e conservati al di fuori delle più basilari regole igieniche. Numerosi gli episodi di bracconaggio, alcuni lungo il fiume Ticino, che sono stati accertati. «La pesca con corrente elettrica - fanno notare i militari del Cites - è altamente dannosa per l'ambiente in quanto causa la distruzione degli ecosistemi acquatici e infligge gravi sofferenze agli animali».
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