LA SCOPERTA
Il mistero delle barche fantasma
Almeno trenta relitti abbandonati nei canneti e lungo le sponde del lago

Trenta barche abbandonate lungo le rive del lago di Varese tra Gavirate, Bardello, Biandronno e Cazzago Brabbia.
Un dato ancora parziale, perché è certo che procedendo nella ricognizione in altri comuni il numero dei relitti è destinato ad aumentare.
È una scoperta di questi giorni, ma non una sorpresa per chi quotidianamente frequenta il lago.
Un numero importante, che può stupire, ma addentrandosi nei canneti la realtà si rivela: barche vecchie, sfondate, che galleggiano sull’acqua, relitti solitari di diversi colori.
È sufficiente raggiungere la riva a Bardello nel punto dove il lago incrocia il fiume. Di fronte sulla riva opposta a Gavirate, dove il peso della neve ha stroncato le canne secche adagiate sull’acqua, appaiono boe di plastica bianca e quattro barche in pessimo stato.
Le prime, confluite nel canneto spinte dal vento, sono rimaste impigliate, le seconde, tutte di vetroresina, hanno avuto proprietari che non se ne curano più. Da anni si trovano lì, lo dicono le condizioni in cui versano.
Sono imprigionate dalle canne, altrimenti prenderebbero il largo. Galleggiano per l’espanso che riempie nell’intercapedine del fondo. Se mancasse questo andrebbero a fondo, come le tre affondate in un altro punto del lago. Sulle condizioni di tutti i natanti, i cui proprietari potrebbero anche essere deceduti, il comune denominatore è rappresentato dall’incuria che dà origine, nel suo aspetto negativo, a visioni anche curiose: che una pianta possa crescere emergendo dal fondo marcio di un natante non è poi così usuale. Ma sulla riva di Biandronno accade.
Più comune che il fondo dei natanti sia pieno di acqua stagnante o che le fiancate siano sfondate. Alcune barche sono ancora legate ad appigli, altre no.
In base alle testimonianze, ormai alcune fanno parte del paesaggio.
Raccontano un’intensa attività di pesca dilettantistica, quando il lago era più ricco e, quindi, di un mutato atteggiamento nei confronti di quella che è stata una realtà viva, anche come rifornimento alimentare.
Da aggiungere che i relitti sono attorniati spesso anche da rifiuti di plastica, dal momento che il canneto, peraltro ridotto a causa delle nutrie che stanno divorando i germogli, costituisce per loro un ottimo ricettacolo.
L’Autorità di bacino lacuale dei laghi Maggiore, Comabbio, Monate e Varese è a conoscenza del problema e si attendono interventi.
Ma il problema resta sempre lo stesso: il lago di Varese è una zona a protezione speciale.
Rapportarsi con le sue rive e le sue acque significa grande rispetto: e questo vale non solo per i proprietari dei natanti, che alla fine saranno molto più di trenta, considerati i natanti in altri comuni non ancora individuati, ma soprattutto per quegli utenti che gettano di tutto nel canneto, in particolare plastica.
Così quell’ambiente che ha peculiarità uniche per la custodia dei nidi e come riparo dei pesci, oltre che ridursi, finisce per assumere le caratteristiche di una discarica.
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