SERIE A
Porte semichiuse?
Per stare in piedi i club avranno bisogno dei loro tifosi

Il basket italiano, compresa l’Openjobmetis, aspetta certezze relative ai tempi di ripresa dell’attività nella stagione 2020/21.
Ma sui tempi del ritorno in campo pesano le decisioni che gli scienziati dovranno prendere sulla possibilità di riaprire al pubblico gli impianti sportivi. «Surreale», «Illogico, «Irreale»: ieri Gianmarco Pozzecco è stato lapidario nel pronunciare il suo no al basket a porte chiuse fino a fine anno solare, aprendo all’alternativa di una nuova stagione da iniziare - anche a gennaio 2021 - solo quando il governo darà il via al ritorno dei tifosi in tribuna.
Per ora sono solo ipotesi, perché i protocolli ufficiali non arriveranno probabilmente fino a fine maggio; ma le ipotesi che circolano non sono confortanti, ed allora è corretto ragionare su tutti gli scenari possibili che si presenteranno all’esame di Fip e Lega Basket. Oggi come oggi la commissione tecnico-sportiva di Lba sta ragionando sulla formula della Supercoppa di Lega da disputare a settembre come gustoso antipasto al campionato nella tempistica abituale da ottobre all’11 giugno. Ma se davvero lo sport italiano dovesse essere costretto per motivi di salute pubblica a non riaprire gli impianti ai tifosi fino a fine 2020, che senso avrebbe il rituale consueto - raduno a metà agosto, precampionato a settembre e via ad ottobre - con tutto il girone d’andata da giocare a porte chiuse?
La questione è meramente economica: se nella prima metà del 2019/20 le società di serie A hanno incassato 8,4 milioni di euro totali a fronte di 1 milione circa di diritti TV, sobbarcarsi i costi di un campionato senza pubblico graverebbe ulteriormente su casse già compromesse dall’emergenza coronavirus. Dunque o la chiusura sarà parziale - in impianti con posti a sedere si potrebbe applicare il distanziamento con capienze ridotte oltre il 50% - garantendo almeno introiti dagli abbonati a numero chiuso e senza apertura dei botteghini, oppure si dovrà trovare un modo per valorizzare il prodotto TV che generi introiti sufficienti (non certo gli attuali 100mila euro circa a stagione) da garantire un minimo di convenienza economica a giocare almeno metà stagione a porte chiuse. Al momento non esistono indicazioni certe, e non è chiaro quando arriveranno né quanto potranno essere precise per garantire una programmazione del calendario da parte di Lega Basket.
L’auspicio di tutti è che si possa tornare in campo nei tempi e con i modi “regolari” tra settembre ed ottobre con le tribune piene. Se così non sarà servono però strategie alternative, in funzione dei tempi - certi - delle riaperture degli impianti. Per questo vanno valutati e sviscerati tutti gli scenari, pur con la complicazione di incastrare quelle variabili - le competizioni europee, la serie A a girone unico, la durata dei contratti professionistici - che siamo abituati a dare per scontate. Concentrare una stagione intera da gennaio all’11 giugno - tempo massimo concesso alla Fiba in chiave Preolimpico 2021 - è conciliabile con i calendari delle coppe?
Sarà possibile concentrare in pochi mesi una regular season da 30 o 34 partite, o servirà una formula alternativa?
Sarebbe plausibile stipulare contratti di soli 7 mesi anziché 10 se il raduno sarà a novembre, e come ci si comporterebbe con gli accordi pluriennali già in essere?
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