VENTICINQUE ANNI DOPO
Bestie di Satana, Novik e l’interrogatorio di Volpe
Il ricordo del gip: «Aveva l’aria di Mefistofele»

«Bastarda, perché sei venuta», inveiva Andrea Volpe contro il cadavere di Mariangela Pezzotta colpendolo a badilate. Era una notte gelida quella tra il 23 e il 24 gennaio del 2004. L’omicidio della ventisettenne, ex fidanzata del suo assassino, fu l’apogeo di un orrore che si sarebbe dipanato a ritroso. Volpe, all’epoca ventottenne, non era solo un tossico delirante, un assassino per caso. Cinque anni prima, il 17 gennaio 1998, trucidò Fabio Tollis e Chiara Marino insieme ai compagni di setta, come fosse l’atto centrale di una celebrazione satanica. Lui, Nicola Sapone, Mario Maccione, Eros Monterosso, Paolo Leoni, Marco Zampollo e Pietro Guerriero scavarono una buca nel bosco di Mezzana Superiore due settimane prima del massacro e quella notte attirarono le loro vittime in un tranello crudele. Fino al 2004 dei due ragazzi nessuno ebbe più notizie. «Sono scappati all’estero», rispondevano in coro i loro aguzzini quando i genitori si rivolgevano con la speranza di ritrovarli. Fu Michele Tollis a scardinare la posizione di Volpe. Quando vide la sua effige al telegiornale capì tutto subito e corse dall’allora pubblico ministero Tiziano Masini (che a giorni prenderà servizio in Cassazione). «Ha ucciso anche Fabio e Chiara», affermò con certezza granitica. La svolta nel giallo dei giovani spariti dopo una serata in discoteca era ancora lontana, sarebbe arrivata a giugno con la decisione di Volpe di collaborare con la giustizia. Il 26 gennaio, giorno in cui Mariangela avrebbe compiuto gli anni, il sommese venne interrogato dall’allora gip Adet Toni Novik.
IL RICORDO DELL’EX GIP
«Me lo ricordo ancora bene, aveva l’aspetto mefistofelico, era catatonico, ancora sotto l’effetto degli stupefacenti che aveva assunto. Non era presente a se stesso, non ricordava nemmeno bene i dettagli», racconta il consigliere di cassazione. Novik interrogò anche Elisabetta Ballarin, la fidanzata diciottenne di Volpe che quella notte si ritrovò stritolata in un ingranaggio di terrore. Lo chalet di Golasecca era del padre, lei e Andrea da qualche mese vivevano lì in costante stato di tossicità. «Era una ragazzina, è rimasta intrappolata in una storia in cui non c’entrava niente». Chi c’entrava era Sapone, ma Volpe si sarebbe fatto uccidere piuttosto che tradirlo. Ma in carcere vennero intercettate le sue conversazioni con mamma e papà: «Nicola è un amico, trovalo un amico che fa queste cose. Io il suo nome non lo dico».
A Sapone, professione idraulico, Volpe si rivolse per finire Mariangela. Trasportata in carriola nella serra, dopo il colpo d’arma da fuoco sparato in bocca, la ventisettenne era ancora viva. Nicola sferrò le vangate di grazia e poi cercarono insieme di coprirla con la terra.
Un paio di mesi più tardi i carabinieri coordinati dal pm Masini con la supervisione del procuratore capo Antonio Pizzi arrestarono anche l’idraulico. Poco dopo Andrea Volpe ruppe ogni patto di fedeltà e divenne collaboratore di giustizia. Portò gli inquirenti sulla fossa di Mezzana, coinvolse chi nel 1998 ammazzò Fabio e Chiara e ammise di aver indotto al suicidio Andrea Bontade, un ragazzo che sapeva e non sopportava più il peso di quel segreto.
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