BESTIE DI SATANA
Volpe voleva uccidere ancora
Mentre era in cella a Ferrara chiese al vicino di ammazzare tre persone

Pentito. Ma solo in termini giuridici. Andrea Volpe, vent’anni di galera per quattro omicidi grazie ai benefici della collaborazione, la propensione a uccidere non l’ha mai persa.
Dal 14 marzo è tornato in libertà dopo aver scontato ogni singola ora di ogni singolo giorno di reclusione a cui era stato condannato, ma fosse stato per lui sarebbe uscito prima dal penitenziario di Ferrara in cui era rinchiuso. Aveva chiesto la liberazione anticipata, ma il retropensiero di scavare buche per nasconderci cadaveri gli è costato un picche. Già, perché a marzo del 2018, mentre appunto era dietro le sbarre estensi, chiese a un compagno di cella un favore da poco: ammazzare, per suo conto, il figlio di un magistrato di sorveglianza di Bologna, il presidente del tribunale e un’educatrice con cui aveva avuto contatti e che forse non aveva stilato una relazione così favorevole riguardo la rieducazione della carismatica figura delle Bestie di Satana.
«Devi spellarlo vivo e poi ucciderlo», avrebbe indicato al concellino parlando del figlio del giudice. Qualche mese prima fece a botte con un altro detenuto e, picchiandolo, lo minacciò di morte «perché io ho messo gente sotto terra» (episodio per cui venne sanzionato con l’esclusione dalle attività ricreative e sportive).
Sta di fatto che lo scorso febbraio, sulla base di questi elementi, il tribunale di sorveglianza di Bologna accolse l’impugnazione proposta dal pubblico ministero contro l’ordinanza con cui era stata accolta la liberazione anticipata chiesta dalla difesa di Volpe. Ne seguì un ricorso in cassazione, che però si è espresso a espiazione dei vent’anni conclusa, dichiarando «inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse».
In ogni caso a parere dei magistrati quella tenuta dal serial killer della brughiera è una «condotta particolarmente grave, sintomatica di una non effettiva partecipazione del detenuto all’opera di rieducazione». I quattro delitti che nel 2004 confessò all’allora pubblico ministero di Busto Tiziano Masini e al procuratore capo Antonio Pizzi a quanto pare non gli pesano sulla coscienza a sufficienza per non farsene un vanto, o meglio, per non vagheggiarne altri. Nemmeno quello della sua ex fidanzata, Mariangela Pezzotta, assassinata il 24 gennaio del 2004 nella sinistra villetta nei boschi di Golasecca e sepolta ancora agonizzante nella serra del giardino. Volpe venne arrestato poche ore dopo l’omicidio e la notizia si diffuse a livello nazionale. Arrivò anche a Michele Tollis, un padre di Cologno Monzese che da sei anni cercava disperatamente il figlio Fabio, scomparso nel nulla con la fidanzata Chiara Marino.
L’uomo vide la foto dell’allora ventottenne sommese e lo riconobbe come uno degli amici di Fabio e Chiara. Capì subito tutto. L’indomani si presentò in largo Giardino per condividere i suoi sospetti con gli inquirenti, sperando che - a differenza di quelli milanesi - Masini e Pizzi lo ascoltassero. Lo fecero.
Qualche mese più tardi i due magistrati ottennero una piena confessione da Volpe: l’assassino li accompagnò nei boschi al confine tra Somma Lombardo e Arsago Seprio e indicò una porzione di terra sotto a un castagno. Lì dentro giacevano i resti dei ragazzi, massacrati a coltellate e martellate in una notte di plenilunio del gennaio 1998.
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