IL RITO
Brucia il pallone. C’è speranza
Dalla cerimonia religiosa buoni auspici per il nuovo anno

- La credenza popolare collide frequentemente con la realtà. Una è legata alla ricorrenza di Santo Stefano. Sullo sfondo la religiosità del momento, solenne e sentita se è vero che la celebrazione del protomartire patrono della città s’intreccia con le istituzioni.
Pure ieri mattina, sabato 26 dicembre, i primi banchi della chiesa prepositurale erano occupati dalla massime autorità: il sindaco Giuseppe Bascialla, il vice Franco Accordino e il presidente del Consiglio comunale Claudio Ceriani.
A celebrare la messa solenne insieme con il prevosto don Gianni Cazzaniga, monsignor Bruno Marinoni, Moderator Curiae e vicario episcopale degli affari generali della Curia di Milano. In pratica l’economo, uno dei collaboratori dell’arcivescovo Mario Delpini. È stato lui a incendiare il pallone posto di fronte all’altare maggiore e quel rito - ecco la credenza popolare - assume per la popolazione un significato molto particolare.
Secondo la tradizione secolare, il modo in cui le fiamme divorano il tessuto offre una visione, positiva o negativa, dell’anno che verrà. Ognuno, ovviamente, è legittimato a crederci o no ma, per esempio, lo scorso 26 dicembre quel pallone non è bruciato completamente. Purtroppo sappiamo come è andata...
E invece, almeno dal rito consumato ieri mattina, il 2021 sembra essere alimentato dalla speranza di cui si ha tanto bisogno in tempi grami come questi in cui la pandemia ha messo a dura prova le persone, le famiglie e più in generale la comunità, non solo quella religiosa.
Nel tracciare la figura di Santo Stefano, monsignor Marinoni ha legato la sua omelia proprio alla speranza che dev’essere la stella del futuro. Certo è che il recente passato è stato difficoltoso anche per la stessa parrocchia, colpita, lo scorso mese di settembre, dalla tromba d’aria che ha investito il territorio e che è stata particolarmente violenta proprio nell’area della chiesa.
Dietro di sé l’eccezionale evento atmosferico ha lasciato danni ingenti a cominciare dal tetto della cappella dedicata a Sant’Agapito (struttura costruita in un’ala del complesso) la cui ricostruzione richiede sacrifici e soprattutto notevoli risorse economiche.
Verrebbe da pensare che la presenza dell’economo della Curia sia anche un messaggio di volontà per ricostruire quanto è andato distrutto.
Così come è tangibile la richiesta - non l’obbligo - di un aiuto da parte dei cittadini, da sempre generosi quando si tratta di contributo per opere di interesse pubblico. Nel segno, insomma, di quel pallone di cartapesta avvolto dalle fiamme che hanno bruciato i dispiaceri di questo 2020.
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