DOPO L’INCENDIO
Accam, bruciano i bilanci
A rischio la vendita di elettricità: danni potenzialmente da milioni di euro

Notte di fiamme e paura. Risveglio brusco, da panico, con l’inceneritore Accam avvolto dal fumo e i lampeggianti di un piccolo esercito di soccorritori a illuminare l’estrema periferia di Borsano. E il giorno dopo, martedì 14 gennaio, scoppia la tensione per le scelte da prendere sul futuro dell’impianto che smaltisce i rifiuti per Basso Varesotto e Alto Milanese, fra le polemiche di chi invoca la dismissione immediata e un domani che si fa incerto, dal punto di vista politico e della tenuta economica.
Sono le 2 passate da poco quando i cinque operai che stanno garantendo il funzionamento notturno dei forni, vedono scattare l’allarme. Uno di loro si precipita in sala turbine e, una volta aperta la porta, la trova avvolta dalle fiamme. A generare il corto circuito (perché, sin da subito, viene scartata l’ipotesi del dolo) è stata una perdita di olio idraulico da una struttura la quale, a contatto con le fonti di calore, è andato in combustione. In pochi attimi sul posto arrivano i vigili del fuoco con otto mezzi e venticinque uomini, la prociv, i carabinieri, a seguire i tecnici dell’Ats Insubria per la sicurezza sul lavoro e quelli dedicati alla tutela ambientale, allertati dalla Regione. Ci sono precauzionalmente le ambulanze, anche se nessuno deve ricorrere alle cure dei sanitari, prima che in scena arrivi anche il personale di Arpa per le verifiche. In poco tempo - circa un paio d’ore - la furia è domata e, anche se il comparto del trattamento rifiuti non è stato toccato dal rogo, viene spento. Alle tre e mezza una telefonata tira giù dal letto il sindaco Emanuele Antonelli e il presidente Angelo Bellora. Rassicurati sul fatto che non ci siano feriti e intossicati, devono affrontare sia le polemiche (il M5S protocolla in tempo record una mozione in Regione per chiedere di chiudere subito il sito), sia le divisioni su come procedere adesso. L’intenzione è ripartire con l’incenerimento già in questo fine settimana se non ci saranno controindicazioni dai tecnici, Potenzialmente non pare un gran problema la riaccensione in tre o quattro giorni, anche se le turbine messe k.o. impediranno di produrre energia elettrica.
Si tratta dunque di un guaio enorme dal punto di vista economico. Se le due turbine dovessero risultare irrecuperabili, significa spendere ben oltre due milioni di euro e non ci sono certezze sull’iter del recupero della somma tramite assicurazione. Oltretutto quelle strutture permettevano di vendere elettricità per introiti annui superiori ai 3 milioni, quindi ogni giorno di non funzionamento costerà almeno 10mila euro.
Un disastro su ogni fronte, oltretutto Accam viaggia in mezzo alle difficoltà, con una convenzione valida fino al 2027 ma con i soci divisi sulle strategie, mentre il contratto d’affitto con il Comune di Busto scade già nel 2025 e gli amministratori della Spa sono impegnati in un faticoso recupero della credibilità dopo il passaggio dell’inchiesta Mensa dei Poveri. E poi non vanno dimenticati bilanci che proprio adesso stavano tornando incoraggianti. Ora questo incendio rimette invece tutto quanto in discussione e, pur senza far fiamme, promette di continuare a bruciare a lungo.
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