LA VICENDA
Accam, riparte il secondo forno
L’emergenza blocca le trattative per la salvezza della società, intanto l’impianto torna a regime

Da venerdì scorso, l’inceneritore Accam ha riacceso anche il suo secondo forno. Un altro passo verso il ritorno alla normalità, in un periodo complicatissimo per l’azienda che s’intreccia con l’emergenza sanitaria di questi giorni.
Il legame fra le due situazioni non riguarda solo il fatto che i rifiuti speciali (cioè ospedalieri) conferiti in questi giorni a Borsano siano cresciuti in maniera spaventosa, visto che il coronavirus ha riempito le pattumiere “sanitarie” di mascherine e guanti come mai si era visto nella storia.
La situazione in cui versa la Lombardia, viceversa, sta anche tenendo sulle spine chi sperava che le operazioni di salvataggio auspicate in assemblea potessero concretizzarsi.
Il punto della situazione per adesso è questo: dopo il devastante incendio di metà gennaio nella sala turbine, i tecnici hanno risistemato tutti i quadri energetici e hanno consentito alle due ciminiere di riprendere la loro funzione, evitando l’oneroso trasferimento degli scarti in altri termovalorizzatori regionali. Ora che anche la seconda linea è attiva, almeno questo problema è risolto. Ancor più dopo che i Comuni soci hanno acconsentito ad anticipare le rate, in modo che si potessero pagare le riparazioni.
Ciò nonostante, la situazione resta molto complessa dal punto di vista economico. In primis c’è da dire che le turbine danneggiate sono spente e, quella messa meglio, potrà essere rimessa in sesto non prima di qualche mese. La cosa, monetariamente, cancella gli introiti legati alla produzione energetica che, a bilancio, valevano oltre 3 milioni di euro l’anno, quindi quasi 10mila euro al giorno. Il risultato è che i conti di Accam, quelli relativi all’attività operativa, sono adesso avviati al pareggio e non più in utile, ed è un problema se si considera gli investimenti necessari per tenere in piedi il sistema.
Poi c’è la questione dell’accordo raggiunto dai Comuni in assemblea, secondo il quale Busto Arsizio avrebbe esplorato la strada che conduce all’acquisizione della maggioranza delle quote azionarie cedendo il terreno su cui sorge l’inceneritore. Una mossa decisiva, sulla cui fattibilità ci sono ancora tantissimi dubbi, che si sarebbe dovuta sviscerare proprio in questi giorni. Tuttavia il coronavirus ha assorbito energie e concentrazione di tutti gli attori in campo e sul caso non si è mossa foglia. Rinvii doverosi e comprensibili, ma resta il fatto che Accam - per come è messa - non ha più tempo per aspettare.
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