LUDOPATIA
Dal Gratta e Vinci all’abisso
La testimonianza: «Grazie agli Anonimi, senza il gioco sono rinato»

«Ero arrivato a un bivio: buttare via gli ultimi soldi o prendere il telefono e digitare quel benedetto numero. Per fortuna ho scelto la seconda alternativa».
Michele (nome di fantasia), uomo di mezza età, bustocco, ha cominciato a giocare una decina d’anni fa. «Ho iniziato con i Gratta e Vinci, come fanno tanti. Un passatempo apparentemente innocuo. Un giorno faccio una vincita importante: diecimila euro. E mi convinco che sia facile guadagnare in questo modo».
L’abitudine diventa presto compulsione. E dal Gratta e Vinci Michele passa alle slot machine.
«Le sale Vlt (Video Lottery Terminal) sono state una rovina per molti di noi. Io ci andavo tutte le sere. E uscivo solo quando mi buttavano fuori».
Quando Michele diventa schiavo del gioco, ha già alle spalle un matrimonio finito (per altri motivi). Il lavoro, almeno quello, non manca.
«Ma chiaramente buttavo via un sacco di soldi. Chiedevo denaro ad amici e parenti. Che facevano finta di non sapere, ma in realtà conoscevano il problema e mi compativano. Ma mi lasci dire una cosa: le difficoltà economiche sono solo la punta dell’iceberg».
In che senso?
«I soldi possono anche rientrare, se uno ha - come me - la fortuna di lavorare. Ma perdi tutto il resto: gli affetti, le relazioni, la fiducia degli altri, il rispetto delle persone. Parliamoci chiaro: a un certo punto non sei tu a gestire il gioco, è il gioco che gestisce te. Ti illudi di avere in mano il comando. Ma non è così. Quel vizio si impossessa della tua vita. Te la cambia: diventi inevitabilmente un bugiardo cronico, sei costretto a mentire in continuazione per provare a nascondere agli altri il tuo problema».
Dopo circa otto anni di gioco smodato e autodistruttivo, tre anni fa Michele prova un ultimo tentativo. Si rivolge alla sede di Busto dei Giocatori Anonimi.
«Già dalla prima telefonata capisco che forse ho trovato chi può aiutarmi davvero. E sa perché? Gli altri sono come me. Non ti giudicano, non ti danno consigli. Ti dicono solo: io ce l’ho fatta in questo modo: se ti va, provaci anche tu».
All’inizio non è semplice.
«È impossibile dire di botto: smetto per sempre di giocare - spiega Michele -. Ma si può cominciare per gradi: stamattina non gioco. E poi: provo a non giocare neanche oggi pomeriggio. Un passettino per volta. È fondamentale per rendersi conto che si può vivere anche senza le slot machine o le scommesse».
Michele era arrivato a un punto critico.
«Non potevo neanche più prendere un caffè dal distributore automatico: il rumore della monetina inserita nella macchinetta mi ricordava quello delle slot».
Ma uscire da quell’abisso fatto di bugie, sotterfugi e continui problemi economici non è impossibile, se si incontrano le persone e le situazioni giuste.
«Per prima cosa bisogna essere onesti con se stessi. Riuscire a dirsi ho bisogno di aiuto, annullando l’orgoglio del giocatore. Da quando frequento Giocatori Anonimi, cioè da circa tre anni, non gioco più. Oggi sono una persona diversa. In pace con me stesso».
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