PROSTITUZIONE
Erano schiave di Madame Happy
Iniziato il processo all’organizzazione che sfruttava le nigeriane. Diciotto a giudizio

Si prostituivano lungo il Sempione, su un substrato culturale infimo, tra aborti clandestini e riti voodoo.
Lavoravano per Madame Happy, nigeriana come loro che a differenza loro però aveva fatto il salto di qualità, diventando imprenditrice del sesso. Fu la polizia di via Ugo Foscolo a smantellare l’organizzazione che lucrava sullo sfruttamento della prostituzione.
Ieri mattina, davanti al collegio presieduto da Renata Peragallo, è iniziato il processo per diciotto imputati, alcuni dei quali italiani che secondo l’accusa avrebbero ricoperto il ruolo di autisti delle lucciole. Il pubblico ministero Francesca Parola - titolare dell’inchiesta partita nel 2014 - in aula ha interrogato il primo teste, un sovrintendente del commissariato che ha spiegato la genesi dell’indagine, nata dalla denuncia di lesioni sporta da una africana. Il materiale investigativo poggia su una gran mole di intercettazioni telefoniche gli avvocati - tra i quali Milena Ruffini e Antonio D’Amelio - hanno chiesto di trascrivere. La prossima udienza servirà proprio per conferire l’incarico al tecnico.
Madame Happy reclutava ragazze in Nigeria promettendo loro un lavoro regolare e facili guadagni in Italia. Ne organizzava l’ingresso illegale procurando documenti falsi per affrontare il viaggio in aereo, individuava l’alloggio e i luoghi in cui le giovani avrebbero dovuto prostituirsi, le metteva sulla strada e le controllava facendo leva sulla superstizione e sulle pratiche voodoo.
Oltre alle minacce tradizionali, che usava per terrorizzare le ragazze e costringerle a lavorare, si avvaleva di riti magici, sciamani che avrebbero fatto il malocchio alle loro famiglie se solo si fossero ribellate. Almeno in un caso, l’imputata procurò l’interruzione di gravidanza a una delle sue protette, somministrandole un mix di Cytotec (farmaco usato anche in veterinaria) e alcol.
La polizia riuscì a individuare un appartamento in via Rimini che fungeva da alloggio comune in cui convivevano le numerose professioniste dell’amore, Happy invece dimorava a Vanzaghello con un vecchio italiano. Emerse presto un’altra donna di grande influenza nell’organizzazione, la ventisettenne Shakira, residente a Novara con il marito italiano: lei e Happy si scambiavano le ragazze delle rispettive batterie, proprio come fossero schiave, per differenziare l’offerta ai clienti e proporre sempre facce diverse.
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