LA SENTENZA
Costrette al sesso col voodoo
La nigeriana condannata a 8 anni, Il suo non fu solo sfruttamento ma asservimento alla prostituzione: ricattava le ragazze con credenze magiche

Non fu solo sfruttamento della prostituzione. Di più, fu riduzione in schiavitù.
Proprio per questo una “madame” nigeriana che viveva e operava con la famiglia in un anonimo appartamento nel quartiere Mazzafame è stata condannata a otto anni di carcere (e all’espulsione dall’Italia una volta espiata la pena) dal gup milanese Guido Salvini al termine di un giudizio con rito abbreviato arrivato a sentenza nel giugno scorso.
«Quello esercitato su due “sue” ragazze da Mama Shola (all’anagrafe O.D., 45 anni) fu un vero rapporto di dominio fisico e psichico che si è fondato su elementi materiali: le giovani attirate in Italia con l’inganno di un lavoro normale e costrette a prostituirsi a Milano e in provincia nell’autunno di tre anni fa erano prive di documenti e di conoscenze in Italia e perciò erano di fatto nelle mani della maman. Ma il rapporto tra sfruttarice e sfruttate si basava anche su radicate credenze religiose e culturali», ha scritto in sede di motivazione il giudice Salvini nella sua sentenza.
Una sentenza innovativa perché ha potuto fondarsi anche su una consulenza tecnica curata da un’antropologa delle religioni dell’università Bicocca di Milano.
Proprio la professoressa Alessandra Brivio ha spiegato come le ragazze fossero sottoposte a «un dominio psichico che non si allentava in nessun momento» e che era figlio «del giuramento e del rito voodoo» al quale erano state sottoposte in patria prima del loro viaggio della speranza in Italia. Era stato presentato come «un generico rito terapeutico finalizzato a proteggerle»: in realtà, raggiunta Legnano, le giovani avevano ben presto realizzato che erano state sottoposte a un rito voodoo «in cui solo l’obbedienza assoluta garantiva che non cadessero su di loro e sulle loro famiglie eventi quali morte, pazzia o malattie».
I tre obblighi derivanti dal rito?
«Estinguere il debito (per inciso, Mama Shola aveva ingannato la ragazza che poi l’avrebbe denunciata facendole credere che 35mila euro tradotti in valuta locale erano pochi soldi e avrebbe quindi potuto ripagare il debito nel giro di soli sei mesi); non rivolgersi mai alla polizia; non avere rapporti sessuali con il marito della madame», scrive il giudice Salvini.
Va da sé che «i primi due obblighi precipitavano immediatamente le ragazze nell’obbligo di prostituirsi senza sosta devolvendo alla madame il ricavato».
«I pericoli discendenti dal rito e dall’eventuale violazione dei vincoli contratti, tra cui la morte loro e dei loro familiari in Nigeria, possono sembrare fantasiosi o eccessivi agli occhi di altre culture come quella in cui viviamo, ma ciò non toglie, come ha ben spiegato l’antropologa nella perizia, che le persone offese credessero veramente nelle punizioni che potessero seguire a una loro ribellione».
A confermarlo il fatto che «la vittima ha deciso di disobbedire alla maman - per poi denunciarla - solo una volta appreso con certezza che il re Oba (la massima autorità religiosa del popolo Edo) aveva annullato con editto il valore dei rituali sino a quel momento celebrati», ha chiosato il giudice.
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