SPACCIO
«Ho denunciato io il baby pusher»
Da una segnalazione di Maria Silanos, preside del Candiani-Bausch, è partita l’operazione della polizia che ha incastrato uno studente

«Non è questione di buona o cattiva reputazione, ma di affrontare un problema più grande di noi, di cui si parla meno del dovuto».
Chiarito il punto, Maria Silanos, dirigente dei licei Candiani-Bausch, accetta di buon grado un confronto su un fatto di cronaca che ha toccato il suo istituto nei giorni scorso, ma che pure «avrebbe potuto riguardare qualsiasi altro»: uno smercio di stupefacenti, esattamente marijuana, all’interno del liceo.
Lo studente responsabile a sua volta si riforniva da un padre e un figlio, residenti fuori città.
Nelle indagini, la polizia è stata agevolata da una segnalazione partita proprio dalla dirigenza di via Manara. «Non sapevamo chi, ma che ci fosse qualcosa di anomalo sì. Per questo abbiamo comunicato quanto sapevamo alle forze dell’ordine, che hanno poi proceduto per conto loro. Ritengo infatti che ogni collaborazione in tal senso vada incoraggiata e venga ben prima di ogni altra considerazione. Non posso ignorare le voci che circolano su di noi per cui accadrebbero normalmente cose simili solo perché siamo un artistico e ci vestiamo in modo strano. La verità invece è che da anni prestiamo molta attenzione al fenomeno con ottimi risultati almeno all’interno della scuola. Che poi nel Parco Foscolo, qui dietro, alla stazione Nord e nelle vie dintorno lo smercio si svolga più o meno indisturbato è un altro discorso che da un lato travalica le nostre forze, ma che pure non deve trovarci indifferenti o impreparati. Perciò facciamo parte di reti con altre scuole, come quella per la promozione della legalità che vede il liceo Crespi capofila, oppure quella per la tutela della salute».
Di legalità e salute la preside ha parlato anche direttamente al ragazzo coinvolto, una volta identificato: «Non è nostra intenzione colpevolizzarlo, ma parlarci e invitarlo a fare altrettanto in famiglia, perché i problemi non si risolvono nascondendoli sotto il tappeto. Infatti, se mi potevo aspettare in fondo che sminuisse la sostanza smerciata chiamandola “solo erba”, mi ha fatto specie che chiamasse “amico” colui che lo riforniva. Che genere di amicizia è possibile avere tramite una sostanza che crea dipendenza, che genere di divertimento e di libertà ad assumerla? C’è poi il fascino dei soldi facili, che si lasciano preferire al piccolo lavoretto estivo o serale, che invece costa fatica. Sono questi temi che non manchiamo di affrontare in classe. Intanto, però, apprendiamo dalle statistiche che il traffico di droga non dico qui, ma in Italia, in Europa, non fa che aumentare, benché se ne parli inspiegabilmente poco, come se fosse stato un problema trenta o quarant’anni fa e oggi non lo sia più. Purtroppo non è così e fare finta di non vederlo certo non aiuta».
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