IL CASO
I frati contro l’elemosina
Chiesa e convento tappezzati di manifesti che invitano a non dare soldi

Non sapendo più come dirlo prima e dopo le messe, i frati francescani hanno deciso di metterlo nero su bianco. E da qualche giorno sia la chiesa che il convento di piazzale Mora, cuore pulsante della sempre generosa parrocchia del Sacro Cuore, tutti gli ingressi di questo luogo di preghiera e carità sono stati tappezzati con manifesti che invitano a non fare l’elemosina.
«Il Signore ti dia pace», scrivono i frati al termine del messaggio il cui succo è: «Se vuoi praticare la carità cristiana, evita l’accattonaggio». Insomma, proprio in uno dei punti di riferimento per centinaia di cittadini senza soldi che qui trovano un sostegno costante, si è deciso di fare qualcosa di plateale per cominciare a mettere ordine in un settore che sta finendo fuori controllo.
I religiosi, d’altronde, si sono resi conto che la massa di persone che ruota attorno alla loro attività benefica è ormai da tempo assediata da presenze che non ci dovrebbero essere. O che, comunque, non sono assolutamente in grado di gestire autonomamente gli spiccioli che ricevono, spendendoli in alcol oppure nel gioco d’azzardo.
Persino il ritiro dei sacchetti con il cibo che mensilmente vengono confezionati per sostenere le famiglie indigenti non riescono ad andare tutte le volte a buon fine.
Lo sanno bene anche i residenti della zona che, puntualmente, ritrovano i contenitori ancora pieni di alimenti appesi alle porte e alle cancellate delle loro abitazioni. Significa dunque che chi li ha presi non aveva bisogno di quel sostegno, visto che probabilmente compie un tour fra i vari punti di distribuzione degli aiuti, ma cercava esclusivamente soldi, ritirando il sacchetto solo per dimostrare lo stato di necessità, salvo buttarlo una volta gettato l’angolo.
Ed ecco allora che al convento hanno deciso di avvertire tutti quelli che frequentano le funzioni religiose e che, davanti alla sequenza di persone inginocchiate davanti all’ingresso, si sentono in dovere di lasciare qualche monetina, pulendosi la coscienza ma - a conti fatti - incevntivando solo una forma di perenne assistenzialismo (talvolta sostenendo un vero e proprio racket) che ottiene l’effetto opposto di quanto si pensa: nessuna riabilitazione di chi si trova allo sbando ma, anzi, uno sperpero di risorse che potrebbero essere meglio impiegato con azioni benefiche realmente efficaci. E allora meglio scriverlo a carattere cubitali: «L’elemosina non è un atto di carità cristiana». Parola dei frati.
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