TESORI
Macchine per scrivere e... sognare
A Busto la straordinaria collezione di Pierantonio Casagrande, composta da oltre settecento pezzi

Per anni sono state le compagne fedeli di scrittori, impiegati, contabili, traduttori, e il loro ticchettio ritmava le giornate di lavoro nelle grandi fabbriche come negli studi notarili o nelle banche.
Gioielli di meccanica e design, ancora prima che questa parola diventasse di moda, le macchine per scrivere e le calcolatrici hanno lentamente ceduto il posto al computer, certo più veloce ma meno fascinoso, diventando oggetti da collezione.
Ci sono modelli leggendari, come la Olivetti Lettera 22, usata da Enzo Biagi e Indro Montanelli, e progettata da Marcello Nizzoli, o la scanzonata Valentine, creata da Ettore Sottsass con carrozzeria rosso fuoco nel 1968, anno fatidico, al cui merchandising collaborarono lo scrittore Carlo Fruttero e il poeta Giovanni Giudici -che la definì «una Lettera 32 travestita da sessantottina»- e ancora la Lexicon 80, vero monumento delle macchine da ufficio.
Tutto questo e molto altro ancora fa bella mostra di sé nella straordinaria collezione che Pierantonio Casagrande, con l’aiuto del figlio Michele, ha messo assieme in tanti anni di lavoro, prima come riparatore Olivetti e poi come concessionario della ditta eporediese per Busto Arsizio.
Le macchine per scrivere e le calcolatrici, per il 90 per cento funzionanti, sono la bellezza di quasi 700, tutte esposte su scaffali nella vecchia sede degli uffici, ma molte altre sono in un magazzino, da rimettere in funzione ed esporre, perché la passione non muore mai e una raccolta è come un’amante, va comunque soddisfatta. Che sia una collezione di dipinti antichi o, come in questo caso, un inno alla tecnologia.
Nel salone luminoso c’è la storia della macchina per scrivere, dai primi modelli americani di fine ‘800, come la Blick nata a Stamford, nel Connecticut, o la Lambert dalla tastiera simile alla ruota dei vecchi telefoni, ai modelli dell’epopea Olivetti, fino alle Underwood e alle Remington, le tedesche Mercedes (nessuna parentela con le automobili) e le italiane Everest e Invicta, poi assorbite dal colosso di Ivrea.
Forme e colori, infinite varianti nel tipo di tastiera e di battuta, decine di caratteri diversi, dalla Oliver americana detta “orecchie d’asino” per la conformazione delle catene dei caratteri, alla Blickensderfer “nuda” con tastiera a vista, alla Mignon Modell 2, con il cursore che si posizionava su ogni singola lettera prima della battuta, la collezione mostra meraviglie a ogni angolo.
Ci sono le macchine pesantissime in ghisa per gli uffici, con carrelli lunghissimi per accogliere un foglio protocollo aperto, le meravigliose Olivetti degli anni ‘30, all’avanguardia per il design, come la Ico Mp1 portatile (l’acronimo sta per Industrie Camillo Olivetti) pubblicizzata da una elegante signora con un grande cappello.
«Ho incominciato sul serio la collezione nel 2006, ordinando le macchine nella sede del mio ufficio e nel negozio che avevo in via Zappellini a Busto. Allora erano la metà rispetto a oggi, e frutto di ritiri da parte dei clienti che cambiavano modello, di regali di chi le aveva magari in cantina, oppure di acquisti nei mercatini e scambi con altri collezionisti. Poi, quando abbiamo cessato l’attività, ho trasferito tutto il materiale nelle sale della concessionaria, utilizzando scaffali e mobili che già avevamo», spiega Casagrande, mostrando il pezzo forte della serie Olivetti, la leggendaria M1 (il suo valore collezionistico si aggira sui 6.000 euro), presentata nel 1911 all’Esposizione di Milano, un’opera d’arte meccanica creata da Camillo Olivetti, padre di Adriano, uomo impresa di straordinaria lungimiranza, capace di costruire a Ivrea una “città dell’utopia” in cui la fabbrica era il centro propulsivo di decine di iniziative umanitarie e culturali.
«La raccolta è visitabile su appuntamento e abbiamo anche una pagina Facebook, e accanto alle macchine per scrivere e alle calcolatrici, tra cui la rara Duconta prodotta dalla Ducati, ci sono pubblicità d’epoca, molte tratte dall’Illustrazione Italiana, affiches, ricambi e brochure illustrative. Olivetti aveva una diffusione capillare nel territorio, in ogni città c’erano un concessionario e uno o più negozi, nulla era lasciato al caso».
Buttando l’occhio qua e là tra gli scaffali ecco la calcolatrice meccanica più piccola del mondo, la Curta, progettata in campo di concentramento da Curt Herzstark e prodotta nel dopoguerra da Cortina in Lichtenstein, le americane Comptometer dallo chassis in rame, e il primo personal computer al mondo, l’Olivetti P101, prodotto tra il 1965 e il ‘71 e destinato a rivoluzionare la storia della comunicazione.
Ma Pierantonio e Michele hanno proprio tutto nella loro collezione? Per farli felici occorrerebbe trovare la calcolatrice Olivetti Mc4 «che cerco da anni invano, e prodotta in pochissimi esemplari», oppure il primo dei sontuosi Calendari Olivetti, quello del 1951 (sono stati prodotti fino al 1995), dedicato a Henri Rousseau il “Doganiere”, l’unico mancante per completare una raccolta nella raccolta.
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