VITA IN STAZIONE
Pendolari, calvario senza fine
Ritardi e vagoni strapieni, per i Comitati si è tornati al pre-pandemia

Vita da pendolari, continuano i dolori. La situazione sembra essere tornata all’inizio del 2020, prima del deflagrare della pandemia: ore sprecate aspettando i treni e viaggiatori ammassati sui vagoni. Ora, però, i pendolari ne fanno un discorso di salute, non solo di tempo e denaro persi. A fare il punto della situazione è uno dei portavoce del comitato pendolari Gallarate - Milano, molto attivo sui social network, il bustocco Stefano Marchionna: «Al netto dello sciopero di oggi - ieri, ndr, domenica - dei ferrovieri che è il settimo, ovvero uno al mese negli ultimi tempi: davvero eccessivo. L’analisi della situazione è articolata partendo da ritardi cronici e soprattutto dalle soppressioni dei treni senza comunicazioni in stazione. Purtroppo oltre a crearsi disagi, il tema è che sotto i tabelloni della stazione ci si ammassa tutti. Decine e decine di persone senza alcun tipo di distanziamento».
Il nodo della sicurezza sanitaria a bordo dei trasporti pubblici in questo momento è in cima alla preoccupazione dei pendolari. «A breve finirà anche lo smart working per molti dipendenti che torneranno sui treni. Prima della pandemia dalla provincia di Varese 110mila persone si spostavano sui treni ogni giorno, 800mila in tutta la Lombardia. Ora, a causa delle soppressioni e ritardi continui, siamo costretti a viaggiare tutti ammassati all’ora di punta», sottolinea Marchionna riflettendo sull’esigenza di permettere ai pendolari non solo di usare le infrastrutture ma anche di avere garanzie per la salute. «Possibile che non siano stati ipotizzati anche dei flussi, magari legati a studenti e pendolari che potrebbero invece avere un po’ più di flessibilità?».
Nel mirino del portavoce ci sono poi gli episodi della scorsa settimana che hanno scatenato le ire dei pendolari. «Sono insopportabili le scuse con cui i treni vengono soppressi: “guasto alle porte” del convoglio che sarebbe dovuto passare da Busto Arsizio alle 7.32 ma è stato fermato ad Arona dopo essere partito da Domodossola. Non è accettabile», spiega. «Così come i ritardi cronici del mattino: 5 minuti ogni giorno, alla fine della settimana è una mezz’ora di vita buttata. Sommiamo poi giovedì e venerdì. Giovedì a causa del ritardo di 20 minuti del treno per Porto Ceresio abbiamo viaggiato in mille su un treno, perché di fatto i passeggeri sono raddoppiati. Venerdì il treno 2566 è stato soppresso per un guasto a Como. In stazione è stato solo comunicato il ritardo con il risultato che i pendolari già sul treno hanno perso due alternative per tornare a casa a causa del caos comunicativo». Infine, i pendolari hanno lanciato una campagna social con l’hashtag >terzidimettiti indirizzato all’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Claudia Maria Terzi: «Regione decide la linea di Trenord e i suoi vertici. Ci sono responsabilità politiche di gestione che deve assumersi alla luce di questi risultati. A cui si somma il tema della scelta degli investimenti di Regione che a nostro avviso privilegiano il trasporto su ruote rispetto a quello ferroviario».
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