VIOLENZA E DISTRUZIONE
Cella sgradita. E scatenano il caos nel carcere di Busto
Rivolta di due detenuti stranieri che ne fomentano altri: corridoio distrutto, minacce alla polizia penitenziaria

La cella non era di loro gradimento. Così hanno scatenato il caos. Momenti di alta tensione nel carcere di Busto Arsizio. Due detenuti di origine straniera hanno fomentato altri a ribellarsi, distruggendo un corridoio, sbarrando l’ingresso della cella e minacciando gli agenti di polizia penitenziaria. È accaduto sabato 20 settembre, alla sera.
LA RICOSTRUZIONE DEL SINDACATO
Il resoconto della serata è affidato ad Alfonso Greco, segretario per la Lombardia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria: «Due detenuti di origine straniera, non contenti della collocazione in una cella loro assegnata per aver aggredito un altro ristretto, hanno fomentato altri detenuti in Sezione: armati di bastoni di ferro, hanno distrutto il corridoio del reparto, sbarrando l’ingresso e minacciando il personale di polizia di non accedervi. Solo dopo più di due ore di trattative si è riusciti a sbloccare la situazione. Per fortuna senza feriti».
LA PRONTEZZA DELLA POLIZIA PENITENZIARIA
Il sindacalista esprime il plauso del Sappe «al personale di Busto Arsizio che è riuscito a gestire l’evento, ripristinando l’ordine e la sicurezza del Reparto con grande professionalità». Greco spiega infine che «la situazione, estremamente delicata e ad alto rischio, è stata riportata alla normalità senza alcuna conseguenza fisica, né per il personale né per i detenuti. Un’azione impeccabile, frutto di professionalità, compattezza e rapidità di esecuzione, che merita il plauso e il rispetto di tutti. Come sindacato, sottolineiamo l’eccellenza operativa del personale intervenuto, che ha dimostrato per l’ennesima volta lo spirito di sacrificio e la dedizione assoluta verso il servizio, mettendo da parte persino i propri momenti familiari per rispondere all’emergenza».
CAPECE: «HA VINTO LO STATO»
«Onore alla Polizia Penitenziaria: a Busto Arsizio ha vinto il Corpo, ha vinto lo Stato”, commenta Donato Capece, segretario generale nazionale del Sappe. «Il lavoro in carcere è un lavoro oscuro, perché quando viene arrestato un pericoloso latitante la vicenda finisce sulle pagine dei giornali, ma tutto quello che accade successivamente, negli anni a seguire, è oscuro e non subirà la stessa sorte, non comparirà sulle pagine dei giornali né in televisione, non farà notizia».«Per questo - rimarca il leader del Sappe - è fondamentale che le istituzioni raccolgano nuovamente il nostro appello: investite nella sicurezza per avere carceri più sicure. Questo vale per Busto Arsizio ma anche per tutte le altre strutture detentive della Lombardia e della Nazione. Il Corpo di Polizia Penitenziaria ha dimostrato, negli anni, non soltanto di costituire un grande baluardo nella difesa della società contro la criminalità, ma ha anche dimostrato di avere in sé tutti i numeri, le capacità, le risorse, gli strumenti per impegnarsi ancora di più nella lotta contro la criminalità, per impegnarsi non soltanto dentro il carcere, ma anche fuori dal carcere», conclude Capece.
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