IL PROCESSO
Busto: insulti e odio su Twitter contro Selvaggia Lucarelli
Raffica di post del 2018. La giornalista e scrittrice parte civile. Oggi prima udienza. L’accusa: diffamazione aggravata

Non è una querela che finisce con tacita remissione quella che la giornalista Selvaggia Lucarelli presentò nel 2018. Gli insulti, le cattiverie, le bassezze che una cinquantunenne della zona pubblicò sui social contro di lei, aggredendola con post carichi di rabbia anche nella sfera personale, per l’opinionista non possono restare impunite. «I fatti sono ormai quasi prescritti, è passato troppo tempo. Ma voglio andare avanti perché, apprendendo dell’udienza dalla Prealpina, ho poi scoperto che in questi anni ha continuato a ingiuriarmi usando un altro nick name», rivela Selvaggia.
Oggi, davanti al giudice Roberto Falessi, la prima udienza per diffamazione aggravata. Selvaggia Lucarelli non ci sarà, sarà rappresentata dal suo avvocato Lorenzo Puglisi che si costituirà parte civile. Il motivo per cui la cinquantunenne sia così accanita contro la popolare scrittrice (proprio oggi uscirà il libro Il vaso di Pandoro, sorta d’inchiesta su Chiara Ferragni e Fedez) non è chiaro.
L’imputata - che è difesa dall’avvocato Alberto Minasi Della Rocca - era finita nel 2010 nell’operazione Carro di buoi, truffa incentrata su un servizio di escort fantasma. Secondo l’allora pubblico ministero Luca Gaglio (oggi a Milano) e il gip Alessandro Chionna (ora in servizio a Varese) insieme ad altri quattro indagati la donna avrebbe ideato un business furbissimo: registrando siti internet negli Usa, all’epoca ancora difficili da rintracciare, la banda pubblicava le foto di ragazze mozzafiato e attendevano le richieste di incontro del classico italiano babbeo, il quale versava acconti da oltre 700 euro con la prospettiva di trascorrere momenti bollenti con le accompagnatrici. Ma arrivati all’appuntamento non trovavano nessuno.
Di lei non si sentì più parlare per otto anni, fino a marzo del 2018 quando attraverso Twitter iniziò a vomitare di tutto contro l’opinionista. «Sono meglio io di quella cessa» fu l’esordio: nel suo immaginario a quanto pare c’era competizione sul piano professionale.
Spiega Selvaggia: «C’erano commenti pesanti anche suo mio figlio che all’epoca era minorenne». Ed è vero, si legge negli atti del fascicolo aperto sei anni or sono dal pubblico ministero Flavia Salvatore.
La pagina dell’imputata era un florilegio di denigrazioni: «Questa fa i soldi attraverso ingiurie e diffamazioni e ancora non l’ha pagata, lavora per pietà, è una donna piena di psicofarmaci».
E sono le frasi più gentili. Selvaggia Lucarelli non avrebbe nulla in contrario nel riportarle tutte, anche perché il processo che inizierà oggi è pubblico ed essendo lei giornalista conosce perfettamente le regole del diritto di cronaca.
Ma ci sarebbero troppe parentesi da aprire per inquadrare l’antefatto di ogni insulto e non basterebbe una pagina. «E dopo tutti questi anni ancora non ha smesso», osserva sconcertata la conduttrice. Sui post del 2018 incombe la prescrizione, ci sono però quelli più recenti sui quali ci sarebbe spazio per una nuova querela. E non è da escludere che l’avvocato Puglisi procederà a breve verso quella direzione.
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