L’INCHIESTA
Cairate, delitto Bossi: Michele incolpa Douglas
Caglioni interrogato dal pm: ha spiegato di essere entrato nell’appartamento a omicidio già avvenuto

Ha giocato d’anticipo Michele Caglioni: mentre ieri pomeriggio, giovedì 4 aprile, in carcere, veniva interrogato dal pubblico ministero Francesca Parola, la Vita in diretta leggeva la lettera che il ventunenne ha inviato nei giorni scorsi alla Rai. Non uno sfogo o una pubblica scusa per quel che accadde tra il 26 e il 27 gennaio ad Andrea Bossi, bensì l’anticipazione di ciò che avrebbe raccontato al pm.
CONFESSIONE IN DIRETTA
Mantenendo la posizione assunta fin dal giorno dell’arresto, Caglioni ha ribadito di essere entrato nell’appartamento a omicidio consumato. Quindi l’assassino è Douglas Carolo. «Mi ha chiamato, sono salito in casa, il corpo di Bossi era steso a terra, Douglas era chino su di esso e stava estraendo il coltello dal collo». Poi il ventenne di origini brasiliane avrebbe rivolto l’arma contro di lui avvertendolo che se avesse parlato avrebbe fatto la stessa fine. Il patto diabolico sarebbe stato siglato così, con il sangue di Andrea gocciolante dalla lama.
Secondo la ricostruzione di Michele, Douglas da quel momento lo avrebbe ricattato estendendo le minacce di morte anche alla sua famiglia e alla fidanzatina. L’arresto, che risale al 28 febbraio, sarebbe stato insomma come una catarsi. A quanto pare Michele avrebbe iniziato a barcollare già all’indomani, la fidanzata aveva percepito il suo turbamento e aveva avuto il sospetto che fosse legato alla notizia di cronaca che in quei giorni era in apertura di tutte le testate nazionali.
LE SCUSE ALLA FAMIGLIA
Michele nei giorni scorsi ha inviato un’altra lettera, indirizzata ai genitori di Andrea. Il contenuto non si conosce ma a quanto pare conterrebbe sentimenti di rimorso e pentimento. Lui Bossi non lo conosceva.
Quella sera Douglas gli aveva chiesto un passaggio in monopattino fino a Cairate per fare un salto a casa del ventiseienne che aveva organizzato una festa tra pochi intimi.
Michele avrebbe dovuto aspettarlo sotto casa, in cambio del favore ci avrebbe guadagnato tre canne. Incrociò Bossi in un primo momento mentre con Douglas uscì per andare a comprare le cartine. Lo rivide prima del delitto. Perché fuori faceva freddo e in due telefonate intercorse con l’amico gli aveva detto che di attendere al gelo non avesse più voglia.
Carolo lo avrebbe quindi fatto entrare nell’androne della palazzina, intimandogli di non salire nell’appartamento. Così, mentre aspettava seduto sulle scale, vide Andrea salire dalla cantina. «Cerchi qualcuno?», «no, aspetto un amico» sarebbe stato il breve scambio di frasi. Dieci minuti più tardi Andrea era ormai morto.
LA VERITÀ DI DOUGLAS
Si sa che dopo essersi sbarazzati di oggetti contaminati dal dna (il coltello, il bicchiere da cui il ventenne aveva bevuto, uno spazzolino da denti, un preservativo, il portacenere) i due si recarono da un amico. Ciò che non tornava erano i tempi, perché tra l’ora del decesso e il loro arrivo erano trascorse circa due ore.
Ora è tutto più chiaro: il monopattino elettrico si era scaricato, così da Cairate a Gallarate dovettero farsela a piedi. Fin qui la versione di Michele, resa ieri in presenza dell’avvocato Luigi Ferruccio Servi.
Ma l’11 aprile toccherà a Douglas parlare con il pm. Ed è pronto a ribaltare le dichiarazioni del ventunenne, collocandolo sulla scena del delitto con un ruolo per nulla passivo. Del resto agli avvocati Vincezo Sparaco e Giammatteo Rona ha sempre assicurato di essere «innocente», affermazione che sembra restituire l’arma del delitto in mano a Michele.
Si capirà meglio giovedì prossimo la sua linea difensiva. Intanto oggi il padre del ragazzo potrebbe decidere di dire la sua a Canale 5, per giocare ad armi pari con i Caglioni che si sono invece concessi alla concorrenza.
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