LA RIFLESSIONE
Carissimo Mottarone, non ti lasciamo solo
Un attestato di amore alla montagna scossa dalla tragedia del 23 maggio e oggi dimenticata dai turisti

Carissimo Mottarone,
sono venuto a trovarti venerdì, dopo qualche settimana in cui ho preferito lasciarti solo, per rispetto. Un rispetto dovuto, per quello che hai dato a me e agli omegnesi. Sulle tue piste intere generazioni hanno imparato a sciare, tra una caduta e l'altra.
«Chi impara a sciare al Mottarone può poi sciare anche sulla Gran Risa e diventare un campione», la frase che ci ripetevano le nostre mamme e i nostri papà per spronarci a scendere senza paura dal Baby più pendente del mondo. E nel mentre i maestri ci ricordavano, con grande orgoglio, che sulla mitica Scoiattoli c'era stato, negli anni Trenta, il primo slalom speciale della storia.
Nei tuoi prati, d'estate, in certe notti di agosto, ci siamo abbracciati all'amore di una vita o a quello di una sera, guardando le stelle cadere da quel cielo senza eguali.
E quanti, da Omegna, sono saliti in vetta a piedi, passando per la via degli Gnomi o per il Vertical, da Agrano o dalla via di Gravellona, per arrivare a godere di quel panorama che non ha eguali al mondo. «Dalla vetta si vede, quando il cielo è azzurro e senza foschia, la Madonnina del Duomo». Era l’asso nella manica per spronare anche i più pigri a salire su, perché loro non credevano alle nostre parole e rimanevano stupiti che quella era la pura verità.
Mi sono sentito in dovere di scriverti perché volevo dirti che non ti lasceremo solo. Non permetteremo più, anzi non tollereremo più, che qualcuno osi chiamarti la montagna maledetta. Non lo meriti, perché tu, mio amato Mottarone, non hai colpe. E non le ha chi, in vetta, ci lavora da sempre, con passione e competenza. Mi ha messo una tristezza infinita vedere il parcheggio vuoto: la mia era l’unica auto, alle 11.30 di un venerdì mattina di inizio estate.
Sono stato a pranzo da Fabrizio, il titolare dell’Albergo Ristorante Eden, quello che sorge a pochi metri dall’arrivo della funivia. Ho visto lo smarrimento nei suoi occhi: «Possiamo resistere qualche giorno, ma poi saremo costretti ad alzare bandiera bianca. In settimana avevamo cento coperti al giorno, adesso siamo a dieci, se va bene».
Mi sono poi trasferito dall’amico Massimo della Casa della Neve, per ritirare ed esibire subito con orgoglio sulla mia auto l’adesivo I love Mottarone. «Siamo tornati indietro di vent’anni, non possiamo pensare al futuro senza certezze», il suo sfogo. E il loro sentimento, la loro preoccupazione è quella delle decine di persone che, d’estate e d’inverno, lavorano qui.
E allora, per tutto quello che mi hai dato, ho deciso di scriverti: la tua gente, quella che hai sempre cullato, non ti lascerà solo. Tornerai a vivere, a splendere, a farci divertire e innamorare. Mercoledì, nel piazzale della funiva, ci sarà la messa in suffragio delle vittime. 14 vite spezzate: la tragedia merita risposte. Mi auguro che, nella prevedibile parata istituzionale, qualcuno si ricordi concretamente che tu, Mottarone, non hai colpe. E che vai aiutato. Noi lo sappiamo, speriamo che anche gli altri se lo ricordino.
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