IN TRIBUNALE A BUSTO
Cassano: il rapinatore e le violenze sulla moglie
L’uomo ha continuato a terrorizzare la consorte anche dal carcere: «Devi tacere»

Anche dal carcere la terrorizzava. Le mandava lettere intimidatorie affinché non raccontasse nulla di quanto sapeva sugli affari del marito. Carmelo Pirrone ora è a processo davanti al collegio presieduto dal giudice Nicoletta Guerrero per violenza sessuale, maltrattamenti e minacce nei confronti dell’ormai ex moglie, che si è costituita parte civile con l’avvocato Roberto Aventi. L’imputato - che è difeso dall’avvocato Ernest Nicolini - è detenuto da novembre del 2021 con l’accusa di rapina, commessa il 22 giugno dell’anno scorso.
VIOLENZE E VESSAZIONI
Ma prima di finire dentro, a quanto pare, avrebbe sottoposto la compagna a violenze e vessazioni di varia natura, umiliandola, percuotendola, pretendendo rapporti sessuali contro voglia. Fu lei a dare ulteriori conferme ai carabinieri in ordine al colpo messo a segno nel bar Dolce Sogno, a dispetto delle missive in cui le veniva imposto il silenzio su quella sera di giugno. La donna invece consegnò ai militari gli indumenti che Pirrone indossava e che si vedevano nei filmati della videosorveglianza. Scoppiò a piangere quando le vennero mostrati i video e raccontò che quella sera il marito era tornato a casa con circa 2.800 euro chiedendole di metterli da parte. «Finalmente sono soldi guadagnati con un lavoro pulito», le aveva pure detto. «Mia moglie ha problemi psichiatrici», tentò di spiegare al gip Stefano Colombo per sminuire l’attendibilità della compagna. La quarantenne era stata inconsapevolmente cruciale anche nella rapina che il pregiudicato aveva messo a segno il 2 maggio a Cardano al Campo: la macchina ripresa dalle telecamere era della donna e quando i carabinieri le chiesero conferma non poté che darla.
GLI SBALZI D’UMORE
Ma non era certo questa la non comunque giustificabile aggressività che l’imputato sfogava contro la donna. Essendo tossicodipendente gli sbalzi d’umore erano frequenti e repentini, il carattere era instabile e perdeva la pazienza per un nonnulla. Anche davanti al figlio minore, a quanto pare, Carmelo Pirrone si scagliava contro di lei, generando ansia nel ragazzo che assisteva impotente. Che forse non ne poteva più di un compagno che faceva dentro e fuori dal carcere, che era spesso sotto effetto di stupefacenti, che frequentava amici discutibili.
I TENTATIVI DELLA FAMIGLIA
Il nome di Pirrone era legato addirittura a una serie di rapine risalenti al 2010, quando prese di mira il Jolly game di Busto Arsizio, il Vulcano della fortuna di Castellanza e la tabaccheria Laura di Olgiate Olona. Ogni tentativo della famiglia di strapparlo dalla delinquenza e dalla droga non solo falliva sempre, scatenava pure una rabbia pericolosa e traumatizzante. In aula, davanti al collegio, c’erano entrambi, lui nella gabbia, lei nelle retrovie, all’ombra dell’avvocato Aventi, intimorita e mesta. Il tribunale ha accettato la costituzione di parte civile e ha rinviato l’udienza all’autunno.
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