TENNIS
Marcora: «Giusto fermare lo sport»
Roberto Marcora è rimasto negli Usa dove avrebbe dovuto giocare i tornei sospesi causa coronavirus: «La salute prima di tutto»

L’emergenza coronavirus tocca ormai ogni parte del mondo.
Non fa eccezione il tennis dato che il mondo professionistico ha deciso recentemente di fermarsi per sei settimane a causa della pandemia. Dopo la cancellazione del torneo di Indian Wells (primo Master 1000 stagionale), sono stati annullati anche i successivi appuntamenti di Miami e Montecarlo oltre ai tornei di Houston, Marrakech, Barcellona e Budapest.
Il bustocco Roberto Marcora, 30 anni, attuale numero 158 del ranking Atp, si trova in questi giorni negli Stati Uniti, dove avrebbe dovuto disputare le qualificazioni ai tornei di Indian Wells e Miami, oltre al challenger di Phoenix, e sta vivendo sulla propria pelle lo stop forzato.
Roberto, come valuta la decisione del Board dell’Atp di fermare tutto il circuito dei tornei per sei settimane?
«Ritengo sia stata una decisione saggia, anche se dolorosa. La salute dei giocatori, degli allenatori e degli spettatori viene prima di tutto, prima dei tornei, dei premi e degli sponsor. Ci troviamo di fronte ad un’emergenza sanitaria che non ha precedenti: si tratta di una pandemia, si stanno fermando tanti sport tra cui il basket, lo sci, il calcio per fare degli esempi, era impensabile che il tennis rimanesse immune. Noi tennisti viaggiamo in continuazione, prendiamo aerei ogni settimana passando da un albergo all’altro e quindi siamo più soggetti al contagio e alla circolazione della malattia. Non ha senso andare avanti in queste condizioni. Ci troviamo in un clima davvero surreale, inoltre il presidente statunitense Donald Trump ha imposto delle restrizioni di viaggio verso gli Usa per i cittadini stranieri di 26 stati europei per la durata di un mese e ciò coinvolge direttamente anche i tennisti».
Dopo la cancellazione dei primi tre Master 1000 dell’anno, che cosa accadrà nelle prossime settimane? È a rischio tutta la stagione europea sulla terra rossa?
«Dopo la cancellazione di Indian Wells, Miami e Montecarlo, tre capisaldi del circuito Atp, aumenta l’incertezza su quelle che saranno le decisioni in merito al regolare svolgimento dei prossimi tornei sulla terra battuta, ossia il Master 1000 di Madrid, i nostri Internazionali d’Italia al Foro Italico di Roma e infine il secondo Slam stagionale, il Roland Garros a Parigi di fine maggio. Ormai viviamo alla giornata, non si possono fare previsioni, lo svolgimento di questi eventi sarà condizionato inevitabilmente dal diffondersi della malattia. Ripeto: se non ci sono le condizioni di sicurezza è meglio stare fermi. A mio avviso è inutile giocare a porte chiuse in campi che sembrano cattedrali nel deserto. Il tennis è fatto di passione, emozioni, tifo e sarebbe anche irrispettoso giocare quando al di fuori dei tornei la vita di intere nazioni è bloccata e costretta a restrizioni per la salvaguardia della salute pubblica. A Indian Wells c’è stato pressappochismo da parte dell’organizzazione, hanno tenuto molti giocatori ammassati in spazi comuni come le palestre senza rispettare le norme di sicurezza, molto probabilmente non erano pronti sia a livello mentale che gestionale per affrontare una tale emergenza».
Il 2020, che di fatto è la sua migliore stagione in carriera, risulta purtroppo stoppato dal virus. Quali obiettivi si pone?
«Quest’anno ho iniziato alla grande con i miei primi quarti di finale raggiunti al torneo Atp 250 di Pune, in India, il mese scorso oltre ai soddisfacenti piazzamenti nei tornei Challenger di Cherbourg in Francia (finale), di Bergamo e di Noumea, in Nuova Caledonia (quarti). Ho realizzato appena tre settimane fa il mio best ranking di 150 Atp (incassando un montepremi dall’inizio dell’anno di oltre 50mila dollari - ndr) è stata una grande soddisfazione, ma dev’essere un punto di partenza non di arrivo. Con molta umiltà, il mio obiettivo è quello di riuscire ad avvicinare entro la fine dell’anno i Top 100, una posizione che mi agevolerebbe l’accesso nei tornei del Grande Slam e nei tornei 250, creando una solida base di tranquillità per la stagione 2021. Molto dipenderà anche dalla decisione o meno dell’Atp di congelare e tenere validi tutti i punti dei tornei che sono stati cancellati: a tale riguardo sono in corso parecchie valutazioni degli addetti ai lavori, a cominciare da quelle del presidente Andrea Gaudenzi. Sfrutterò comunque questo momento di stop forzato per allenarmi a Miami, in Florida, e rimarrò negli Stati Uniti per almeno tre settimane, poi vedremo il da farsi in base all’evoluzione degli eventi. Ovviamente seguirò scrupolosamente i protocolli di sicurezza per gli allenamenti che ci ha recentemente fornito l’Atp: sono simili a quelli imposti dal governo italiano, ossia costante pulizia delle mani, mantenimento della distanza di sicurezza, misurazione della febbre, giocare all’aria aperta, evitare promiscuità e docce comuni».
Quale messaggio si sente di dare ai tanti tennisti varesini che sono in questo momento outper il coronavirus?
«Ragazzi, tenete duro. Capisco che è una sofferenza stare a casa, soprattutto se si è agonisti abituati a fare sport più volte la settimana. Ma in questo momento è assolutamente necessario. Sento costantemente mio papà Beppe (patron del Tennis Club Busto Arsizio - ndr), il maestro del nostro circolo Paolo Zingale, i tanti amici e i soci che sono tutti fermi a seguito delle disposizioni del governo. Mi associo all’hashtag virale “Restiamo a casa, andrà tutto bene!”».
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