LA SENTENZA
«Costretta a fare sesso»: condannato l’ex compagno
All’uomo sei anni e mezzo di carcere. Dovrà anche risarcire la donna

«In alcuni momenti mi amava, in altri mi violentava». Il drammatico racconto della donna che ha avuto il coraggio di denunciare il compagno e scappare di casa, nel 2019, è stato ritenuto credibile dai giudici del Tribunale. Che hanno condannato l’uomo, varesino di 40 anni, a sei anni e mezzo di reclusione per i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e lesioni aggravate. L’imputato è stato invece assolto, perché «il fatto non sussiste», dall’accusa di sequestro di persona; la sua ex aveva riferito che «in alcuni week-end lui se ne andava via con gli amici e mi chiudeva in casa». Parola contestate dal difensore, l’avvocato Corrado Viazzo, che ha sottolineato come diversi testimoni abbiano «smentito questa circostanza». Il pubblico ministero Maria Claudia Contini aveva proposto una condanna a otto anni di carcere. Per l’uomo è stata disposta anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, dall’amministrazione di sostegno e da incarichi di tutela dei minori, oltre all’interdizione legale per la durata della pena. Dovrà inoltre risarcire i danni alla ex compagna (costituitasi parte civile con l’avvocato Romana Perin), indennizzo quantificato in 15.000 euro.
LA VICENDA
Una convivenza tanto breve, quanto burrascosa. Quattro mesi in cui la donna, classe 1978, avrebbe dovuto subire vessazioni e mortificazioni di vario tipo: abusi, insulti, minacce e percosse. Stando all’accusa, lui la picchiava spesso, con qualsiasi cosa gli capitasse tra le mani nei momenti di rabbia, dalle grucce ai barattoli, per questioni di gelosia o di soldi («Fino a sbatterle la testa contro il muro e farle perdere i sensi»). E la costringeva a fare sesso anche di fronte al suo esplicito rifiuto. E quando lei andò al pronto soccorso a farsi medicare, lui la avvertì: «Non dire qual è la causa delle lesioni, altrimenti ti ammazzo!». Maltrattamenti subito in silenzio, per paura di perderlo o di altre violenze. Fino a quando lei trovò in un cassetto della camera da letto due confezioni di spray al peperoncino e un coltello, e decise di fuggire. Vagò per la città, venne fermata da una pattuglia della polizia e presentò una querela (poi ritirata). Ma alla fine si convinse a chiedere aiuto alla Procura e fu accolta in una casa rifugio.
COSTRETTA A RAPPORTI SESSUALI
E poi c’è il capitolo dei rapporti sessuali imposti con la forza: «In quei momenti per lui ero un oggetto», ha spiegato in aula la 46enne, costretta a esaudire tutti i desideri di lui, anche i più bizzarri e umilianti, persino quando lei non stava bene o aveva il ciclo. E che per raggiungere l’obiettivo veniva «strattonata o trascinata». Ma il difensore ha ripetutamente messo in dubbio l’attendibilità della sua testimonianza («Un rapporto orale non può essere imposto con la forza, come ci è stato raccontato»), sottolineando come la coppia facesse uso di stupefacenti all’interno di un «ambiente degenerato» e ricordando che era stata lei ad andare contro il divieto di avvicinamento emesso a carico del 40enne pur di continuare a vederlo.
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