L’EMERGENZA
Il Ticino si «mangia» le sue sponde
Sopralluogo sulle rive del fiume: «Si possono staccare pezzi di terra da un momento all’altro»

«Non avvicinatevi troppo. Potrebbe staccarsi un altro pezzo da un momento all’altro. Qui sotto è tutto scavato», avvertivano ieri, lunedì 12 ottobre, alla sommità dello strapiombo sul fiume Ticino.
Dopo il crollo di ampie porzioni di sponda negli ultimi giorni di piena, in località di Castelletto, si è svolto in mattinata, con le dovute precauzioni, un sopralluogo cui hanno preso parte i Comuni di Cuggiono e Robecchetto, i tecnici del Parco del Ticino e rappresentanti dell’Aipo, l’agenzia interregionale per il fiume Po e i suoi affluenti.
Lo scalpore prodotto la settimana scorsa dall’azione erosiva che avanzava a vista d’occhio, unita alla consapevolezza di gravi ritardi nell’affrontare un problema risaputo da almeno vent’anni, hanno segnato un punto d’inizio che lascia ben sperare tutte le parti coinvolte, che sono pubbliche, ma anche private.
Ad alzare la voce erano stati infatti i proprietari dei terreni minacciati e in parte già sprofondati sott’acqua. Anche loro erano presenti al sopralluogo, durante il quale l’attenzione generale si è presto rivolta al di là del fiume: «Da qui, una volta, si vedeva il massiccio del Rosa», ricordava il sindaco di Robecchetto, Giorgio Braga. «Adesso è scomparso dietro a quegli alberi», aggiungeva e indicava la sponda opposta, quella piemontese, dove più degli alti alberi che sottraggono un più vasto orizzonte, a fare meraviglia è la differenza di altezza rispetto a quella lombarda.
Se da questa parte l’erosione del fiume ha formato una sorta di vertiginosa scogliera, l’altra sponda si trova a livello del fiume stesso. «Il motivo è che si tratta di una formazione parzialmente artificiale: sono i detriti che, trascinati dalla corrente, si sono sedimentati negli anni lungo la barriera di protezione della sponda piemontese che corre alle spalle del bosco per chilometri e spinge tutto il fiume da questa parte. L’ansa che si forma qua, un tempo, neanche esisteva. Il Ticino correva dritto, proprio dove ora c’è quel bosco, e quando era in piena sfogava di là le sue acque», è stata la premessa della principale decisione concordata tra le parti. «Bisogna ripristinare il vecchio corso del fiume, anche alleggerendo la difesa di parte piemontese, se necessario», ha affermato a conclusione del sopralluogo Giovanni Cucchetti, neo eletto sindaco di Cuggiono.
In quanto agli impegni presi dalle parti, mentre i Comuni e il Parco solleciteranno un incontro in Regione, sia con la parte tecnica che con quella politica, Aipo penserà a prendere contatti con la controparte piemontese e più precisamente con il Genio Civile di Novara, che eseguì materialmente, all’inizio degli anni ‘90, le barriere di protezione finite ora sotto i riflettori.
Inoltre, entrambi i Comuni hanno annunciato un’ordinanza di divieto di transito lungo i sentieri a ridosso del fiume, che peraltro in parte neanche esistono più, franati anche loro nel fiume. A ben vedere, però, e a sentire il personale presente ieri, un provvedimento simile era stato preso anche dal Parco del Ticino ben 4 anni, ma i cartelli di divieto venivano continuamente rimossi e gettati nel fiume.
© Riproduzione Riservata