L’IMPRESA
Ad Aosta con l’Apollo 11
Squadra di varesini dell’Asimof vara il modello della capsula che sbarcò sulla Luna

Ce l’hanno fatta. Grazie al lavoro intensissimo che non ha conosciuto orari e grazie alla loro meticolosa precisione, gli undici irriducibili che fanno parte di Asimof (Associazione Italiana Modelli Fedeli) hanno consegnato il modello, in dimensioni reali, dell’Apollo 11 (la capsula spaziale che per prima ha raggiunto la Luna il 20 luglio 1969) agli organizzatori della mostra “Dalla terra alla Luna: un viaggio nello spazio e nel tempo”, inaugurata da qualche giorno ad Aosta, nel 50° anniversario dello sbarco, nell’area megalitica Saint Martin de Corléans.
Un onore per l’ingegno della nostra terra: quando con le sue due tonnellate di peso il modello è stato smontato in trenta pezzi e caricato su un bilico, dopo essere stato trasportato fuori da quello che gli irriducibili hanno denominato lo “Space Center di Comerio“, trasferito a Barasso negli spazi dell’ex Pipe Rossi per ragioni di spazio (prima era in via san Rocco a Comerio), il fiato dei presenti è rimasto sospeso dall’emozione.
Ma è stato poco il tempo da dedicare alle considerazioni: via tutti, direzione Aosta per rimontarlo e partecipare con orgoglio «a questa bella sfida in un sito che per la sua colorazione ricorda la Luna e racchiude in sè oltre che la memoria dell’evento spaziale anche quella della sua scoperta, avvenuta proprio cinquant’anni fa», spiega l’ingegnere Dario Kubler, figura determinante nella ricostruzione del modello.
Dopo questa prima tappa in un luogo così privilegiato, continuerà il tour per l’Italia. Un orgoglio per l’associazione che si prefigge di contribuire alla diffusione della cultura scientifica astronomica ed astronautica per ispirare le nuove generazioni alla scoperta del cosmo. Ciò, mediante la progettazione e la costruzione dei modelli, lo sviluppo e l’implementazione delle attività didattiche e divulgative.
A questo si aggiungono l’organizzazione di eventi, attività di cultura scientifica e la realizzazione unita alla gestione di esposizioni museali.
E ora i nomi degli irriducibili: oltre Kubler, Antonio Paganoni, Graziano Sica, Eligio Sacchi, Diego De Gasperin, Adriano Bottelli, Riccardo Tresca, Roberto Belluco, Mauro Prevedello, Lorenzo Martinoli e Mauro Tettamanti. Ognuno con le proprie mansioni, in quell’ordine creativo di un cantiere aperto, in cui il silenzio, l’operosità e la preparazione spiccano agli occhi del visitatore.
Ha dell’inimmaginabile questa realizzazione che riproduce in modo assolutamente fedele la capsula al punto di metterne in evidenza addirittura i graffi creati dall’usura durante il rientro sulla terra. Esperti che si sono messi in gioco perché la loro passione si materializzi: da Kubler, che, come ingegnere ha ricostruito la strumentazione del pannello di controllo, ad Antonio il falegname, agli imbianchini, ai fabbri, ai carpentieri, alle officine meccaniche di precisione.
Questo “space center” trova origine dall’incontro con il Gat (Gruppo Astronomico Tradatese) da cui è sfociato l’osservatorio astronomico di Tradate Foam 13 con il quale è stata ricostruita la capsula Apollo 16, ammirata da astronauti Charlie Duke e Paolo Nespoli.
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