’NDRANGHETA
Delitto Aloisio, chiesti cinque ergastoli
La requisitoria del pm nel processo per l’omicidio del 2008

Hanno lottato fino all’ultima delle eccezioni possibili e immaginabili i difensori dei presunti assassini di Cataldo Aloisio, invocando nullità e rinnovazioni di perizie. La mattinata si è giocata soprattutto in camera di consiglio per sciogliere le riserve. Ma il presidente della corte d’assise Rossella Ferrazzi (a latere Cristina Ceffa e i giudici popolari), imperturbabile, ha portato l’istruttoria a chiusura e intorno alle 14 il pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia Cecilia Vassena ha iniziato la requisitoria. Ha concluso alle 19.30 con la richiesta a cui tutti erano preparati: ergastolo con isolamento diurno per Vincenzo Rispoli - consacrato da sentenze definitive a boss della ‘ndrina di Lonate e Legnano - Silvio Farao, Cataldo Marincola, Francesco Cicino e Vincenzo Farao. A parere del pm i cinque calabresi furono mandanti ed esecutori dell’omicidio scoperto la mattina del 27 settembre 2008: «Qualsiasi altra ipotesi o ricostruzione» sarebbero fantasiose. Centrali nella soluzione del cold case sono stati i collaboratori di giustizia. Il primo ad allungare un sospetto sui Farao e su Rispoli fu Antonino Belnome. Ma il colpo di grazia alla famiglia lo dette Francesco Farao, accusando direttamente il fratello Vincenzo e il cugino Rispoli. La ciliegina sulla torta l’ha messa Emanuele De Castro, un tempo alter ego di Rispoli, uomo di fiducia che la fiducia del boss l’ha tradita. «Definirli pentiti», ha sottolineato il pm Vassena, «è usare un termine improprio. Un collaboratore viene a patti con la giustizia, rinnega le frequentazioni e le parentele e taglia completamente con il passato. Cambia vita e si assume le proprie responsabilità criminali».
Chi era la vittima? «Lo si può solo ricostruire attraverso le conversazioni captate dagli inquirenti tra gli amici e i parenti», ha osservato il pubblico ministero. «Non aveva paura, era molto critico nei confronti del suo ambiente, quel che aveva da dire lo diceva in faccia». «Io non appartengo a nessuno, la gente si chiede da che parte stia, non mi avvicino a nessuno», diceva spesso Cataldo con un’arroganza poco gradita ai gerarchi della ‘ndrina metastatizzata nel Lonatese da Cirò Marina. Era sposato con Elena Farao ma non sembrava nutrire riverenza verso il suocero e i cognati. «Mia moglie è una donna d’oro, se non fosse per lei prenderei un mitra per i suoi parenti». Sarà forse per questo che quando Aloisio venne rinvenuto cadavere davanti al cimitero di San Giorgio su Legnano nessuno dei Farao si scompose. Ne presero atto.
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