AL SOCIALE
Detenuti in scena: il riscatto parte dal teatro
Dopo le prove davanti a duecento studenti, tredici ospiti della casa circondariale di via per Cassano sul palco con due novelle di Pirandello

L’inclusione sociale, talvolta, sembra un concetto astratto. L’associazione Oblò, con il sostegno della Casa circondariale, del Comune e della Fondazione comunitaria del Varesotto, ha cercato di dargli piena concretezza mettendo a contatto i detenuti del carcere di Busto Arsizio e duecento studenti di Ite Tosi, Ipc Verri, Itc Gadda Rosselli e Itc Marie Curie di Tradate. I frutti del Microfestival Incontri si vedranno giovedì sera al Teatro Sociale. Per la prima volta, tredici reclusi usciranno dalla struttura di via Per Cassano per recitare su un palco vero. Un’occasione unica di interazione in un progetto che unisce l’educazione alla legalità per i giovanissimi e l’uso dell’arte come strumento di recupero e socializzazione.
«E’ importante aprire l’istituto alle realtà esterne - spiega Elisa Carnelli, alla guida di Oblò, che lavora in carcere dal 2008 - Nostro obiettivo è sensibilizzare gli studenti e prevenire le devianze. Per chi non può uscire dal carcere nell’immediato, il 6 aprile sarà una data fondamentale. In scena c’è chi vive dietro le sbarre da 30 anni».
Il Sociale, dove un Bistrot dà lavoro a detenuti ed ex detenuti, sostiene la proposta. Da giorni riceve prenotazioni di biglietti da parte di familiari dei reclusi, ma anche da chi in cella c’è stato e ora si è ricostruito una vita.
Si passa dal pubblico in carcere (per le Cene con delitto che hanno attirato molti spettatori) al pubblico di un vero teatro.
Oblò è nata in settembre e in pochi mesi ha già realizzato molto: «Non è facile far arrivare duecento adolescenti in carcere, per vedere con loro le prove. In scena portiamo due novelle di Pirandello: La giara, metafora dei ruoli dettati dallo sguardo altrui, e La Patente, in cui chi si vede affibbiato il ruolo di iettatore cerca di trarne un riscatto personale. Ai detenuti serve pensare che possono costruire altro rispetto all’oggi».
Fra trasferimenti e rilasci che costringono alla ricerca di nuovi attori, la regista è in tensione fino all’ultimo. «L’improvvisazione è la regola - aggiunge Patrizia Canavesi, che la aiuta con Simona Michelon e Irene Scova - La disperazione nasce dalla sensazione di non poter far niente per migliorare la propria vita, il livello di rabbia è elevato e la società civile non può permettersi di avere persone che tornano libere più furiose di prima. Credere nel recupero non è semplice: uno studente ha obiettato che si sprecano soldi per chi deve espiare colpe. Io credo che sia un investimento sociale, per la sicurezza di tutti».
«E’ positivo che gli studenti vedano cosa comporti la non legalità - incalza l’assessore Miriam Arabini - Purtroppo le risorse sono scarse, ma siamo felici di contare su volontari capaci, che lavorano con passione, che vivono una missione».
«In carcere - aggiunge Canavesi - ho davanti persone che dicono quello che pensano con autenticità: certe riflessioni sono un nutrimento per noi».
Giovedì l’ingresso è a offerta libera. Si potrà ammirare un lavoro fotografico di Michela Chimenti dedicato al laboratorio teatrale.
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