L’ACCUSA
«Discarica Gerenzano, disastro ambientale»
Due manager a processo per l’impianto che avrebbe provocato un’alterazione dell’ecosistema

Attraverso l’impianto gestito dall’azienda A2A avrebbero dovuto risanare la discarica dagli effetti di undici milioni di metri cubi di rifiuti urbani, speciali e industriali pericolosissimi. Invece sono a processo per disastro ambientale e ostacolo al monitoraggio ambientale dell’area. Si tratta del procuratore speciale e responsabile della struttura organizzativa della società bresciana e del responsabile della struttura organizzativa Polo di Gerenzano che dal 2016 avrebbe dovuto relazionare al suo superiore lo stato del sito di cui A2A si occupava dal 2014.
Ma un vizio procedurale (la notifica ai difensori d’ufficio invece che a quello di fiducia Piermaria Corso) ha fatto saltare l’udienza preliminare. Il gup Piera Bossi ha infatti dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e ritrasmesso il fascicolo al pubblico ministero Ciro Vittorio Caramore che rinnoverà l’avviso di chiusura indagini.
Gli inquirenti hanno evidenziato come persone offese il ministero dell’Ambiente, la Regione Lombardia, la Provincia di Varese e il Comune di Gerenzano ma all’udienza di giovedì nessuno si è costituito parte civile. Forse perché la nullità dell’atto era già nell’aria. Ciò che viene contestato agli imputati è «il sistematico disfunzionamento dell’impianto di depurazione», tanto da non riuscire nell’opera di contenimento della contaminazione della falda. La barriera idraulica di 760 metri per lunghi periodi sarebbe stata in avaria o comunque funzionante a potenzialità ridotta rispetto al progetto, così da non poter procedere alla depurazione delle acque sotterranee. Secondo l’accusa i pozzi meno inquinati sarebbero stati tenuti a portate più alte per emungere acqua pulita al solo scopo di diluire lo scarico di quella inquinata rispettando i limiti allo scarico nel Bozzente.
Gli imputati - assistiti d’ufficio dagli avvocati Christian Bossi e Katia Broggini - avrebbero impartito ai dipendenti la disposizione di alterare i dati rilevati dalle analisi, di modificare annotazioni e di indicare valori al di sotto dei limiti di legge. Inoltre, durante l’ispezione del 2017, avrebbero dichiarato di aver già avviato la manutenzione e che da maggio 2018 l’impianto avrebbe funzionato a regime di piena efficienza. Il che avrebbe provocato un’alterazione dell’ecosistema e la contaminazione dell’acqua superficiale del Bozzente. Tutto ciò smascherato grazie alle consulenze tecniche e al lavoro degli inquirenti.
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