MONDO CHE CAMBIA
Donne e biancheria intima: «È linguaggio personale»
Storia, memoria, pudori e seduzione dagli anni ‘50 ad oggi. Sociologia e psicologia della lingerie. L’analisi di una professionista varesina
«Qualche giorno fa ho chiesto a un caro amico come fosse andato il suo intervento a un congresso. Dopo i consueti convenevoli, mi ha raccontato che era andato tutto bene e, scherzando sul modo in cui il pubblico aveva reagito, ha usato un’espressione colorita, presa dal vecchio detto “da strappa mutande”». Nascono così le riflessioni di una professionista varesina - professionista nel campo della salute e delle patologie mentali - che ripercorrono storia, mode, idee, credenze e pudori sulla biancheria intima femminile. «Ridendo (il collega di cui in premessa), ha aggiunto che le signore presenti in sala avrebbero potuto perfino lanciargliele, per poi precisare — sempre ironicamente — che, vista l’età media delle partecipanti, forse si sarebbe trattato piuttosto di mutandoni. Abbiamo riso insieme, ma la battuta, nella sua leggerezza, mi ha fatto riflettere».
«LA NOSTRA TRADIZIONE»
«Così, proseguendo nel tono giocoso, gli ho risposto che le donne di sessant’anni di oggi non portano affatto i mutandoni: sono cresciute con marchi come La Perla, Malizia e Parah, simboli di un nuovo modo di vivere la femminilità e la sensualità. E poi, come a rivendicare un piccolo orgoglio territoriale, ho aggiunto che La Perla e Parah erano aziende nate proprio nella nostra provincia di Varese, dove la tradizione tessile e manifatturiera ha saputo trasformare l’intimo in arte e stile, contribuendo a diffondere nel mondo un’idea di eleganza tutta italiana».
«ESPRIMERE SÉ STESSE»
«Quelle generazioni hanno imparato che la biancheria intima non serve solo a coprire o sostenere, ma a esprimere sé stesse, a sentirsi belle e libere sotto gli abiti, per sé prima ancora che per gli altri. Da quello scambio ironico è nata una curiosità più profonda: com’è cambiato il modo di pensare e indossare l’intimo nel corso dei decenni? Che cosa racconta oggi della donna che lo sceglie? E quanto le abitudini acquisite da giovani — davanti allo specchio, nei primi anni in cui si impara a piacersi — restano impresse nel tempo, influenzando anche le scelte di oggi?».
«PUDORE, SEDUZIONE E MEMORIA»
«La biancheria intima accompagna la vita di ogni donna, ma raramente si mostra - osserva la professionista varesina -. È un capo che custodisce pudore, seduzione e memoria, eppure racconta molto più di quanto sembri: la storia di come le donne hanno imparato a vivere nel proprio corpo. Negli anni Cinquanta, nel dopoguerra, l’intimo era ancora una “struttura”. Reggiseni a punta, guaine e reggicalze servivano a modellare il corpo in una forma ideale, ordinata, conforme ai canoni di eleganza dell’epoca. Era una corazza elegante, un dovere più che una scelta. Si doveva “stare in ordine”, non necessariamente sentirsi a proprio agio».
«L’INTIMO SCELTO, NON IMPOSTO»
«Negli anni Sessanta e Settanta, con la rivoluzione dei costumi, tutto si alleggerisce. I tessuti diventano elastici, i colori si fanno più vivi, il nylon e la lycra sostituiscono le stecche rigide, e le giovani dei movimenti femministi abbandonano il reggiseno come gesto di libertà. L’intimo comincia a essere scelto, non imposto. È un piccolo gesto, ma fortemente politico: l’inizio di una nuova consapevolezza del corpo e della sua autonomia».
«LINGERIE SULLE PASSERELLE»
«Con gli anni Ottanta e Novanta arriva la stagione dell’esibizione. La cultura pop e la moda del fitness riportano il corpo al centro. L’intimo non è più solo “intimo”: diventa visibile, parte del look, si intravede sotto una spallina o tra un tessuto trasparente. È il tempo del push-up, dei body elasticizzati, dei colori vivaci e delle campagne pubblicitarie che trasformano la lingerie in linguaggio di sensualità. Calvin Klein e Victoria’s Secret portano la biancheria sulle passerelle e nei sogni, trasformandola in simbolo di potere e desiderio, ma anche di un ideale di perfezione spesso difficile da raggiungere».
«L’ERA DEL COMFORT»
Con il nuovo millennio il vento cambia ancora. Le donne rivendicano il diritto al comfort: il reggiseno imbottito lascia spazio al bralette, il pizzo cede il passo alla microfibra, e la parola d’ordine diventa “sentirsi bene”. L’intimo si adatta ai ritmi quotidiani, e non il contrario. Le campagne pubblicitarie iniziano a parlare di “corpi veri”, di diversità, di autenticità. Rihanna, con la sua linea Savage x Fenty, porta in passerella taglie, etnie e identità prima escluse, segnando un punto di svolta».
«LINGUAGGIO PERSONALE»
«Oggi la biancheria intima è un linguaggio personale. Può essere invisibile o provocante, sportiva o romantica, sostenibile o tecnologica. Le giovani generazioni la scelgono per sé stesse, non per lo sguardo altrui. Spesso la mostrano, perché un top sportivo può diventare parte dell’outfit, un body può sostituire una camicetta, e un completo color carne può rivendicare semplicità come forza. La lingerie, insomma, è diventata una forma di espressione, un frammento di identità. Eppure, al di là delle mode, la biancheria resta un filo che unisce le generazioni. Le donne nate negli anni Cinquanta o Sessanta mantengono spesso un rapporto più “formale” con l’intimo: amano i completi coordinati, i materiali di qualità, il sostegno. Per loro la biancheria rappresenta ancora un gesto di rispetto verso sé e verso gli altri, un modo di sentirsi in ordine e a posto nel mondo. Le donne cresciute negli anni Ottanta e Novanta oscillano tra due desideri: il comfort e la seduzione. Sono figlie della cultura dell’immagine, abituate a vedere la lingerie come strumento di fascino, ma oggi la riscoprono come spazio di autenticità, dove la sensualità può convivere con la naturalezza. Le più giovani, nate dopo il 2000, vivono l’intimo come atto identitario: scelgono colori, tagli, messaggi, materiali sostenibili. Per alcune è un gesto di libertà, per altre un modo di giocare con il proprio corpo, senza imposizioni di genere o modelli predefiniti».
«IL PRIMO GESTO DELLA GIORNATA»
«E in fondo, forse, è proprio questo il senso di tutta questa storia: la biancheria intima è il primo gesto della giornata, quello che si compie solo per sé. Che sia seta o cotone, modellante o morbida, colorata o neutra, racconta come ogni donna abita il proprio corpo — tra memoria, abitudine e libertà. Ciò che un tempo era nascosto, costretto o normato, oggi è diventato uno spazio di scelta. E in questa libertà silenziosa, fatta di tessuti e di gesti quotidiani, si riflette l’evoluzione di intere generazioni di donne».
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