FASE 2
Porte chiuse all’Italia
La Svizzera non si fida, il 3 giugno non riapriranno le frontiere: «Troppo presto»

La Svizzera non riaprirà le frontiere con l’Italia il prossimo 3 giugno: secondo il governo di Berna quella data, decisa unilateralmente da Roma per la riapertura dei valichi doganali, è troppo ravvicinata.
La direttrice del Dipartimento federale di giustizia e polizia, Karin Keller Sutter, lo ha ribadito ieri in una conferenza stampa, anticipando di aver concordato «con la mia collega italiana Luciana Lamorgese che i nostri servizi resteranno in contatto per convenire le prossime tappe e l’ho informata che il prossimo 3 giugno la Svizzera non riaprirà le proprie frontiere con l’Italia».
Berna, è stato sottolineato durante la conferenza stampa, intende coordinare con i tutti i paesi vicini i graduali allentamenti alle frontiere e le eventuali misure sanitarie da adottare sulle persone in transito ai valichi doganali. Come richiesto dal Ticino, ha precisato sempre la ministra, saranno coinvolti nelle decisioni i cantoni di frontiera.
Non è un segreto che a Bellinzona vogliano posticipare al massimo la riapertura ma solo con una situazione epidemiologica positiva, soprattutto in Lombardia. Non solo. Gli svizzeri fanno sapere che sul lato elvetico resteranno in vigore provvisoriamente le attuali restrizioni all’ingresso e che, per quelle persone residenti in Svizzera che si recano in Italia, la Confederazione si riserva il diritto al loro ritorno di adottare dei provvedimenti sanitari al confine, ad esempio un esame medico.
Un modo elegante per sconsigliare l’espatrio in Italia. L’obiettivo della Confederazione è comunque quello di ripristinare integralmente le libertà di spostamento con tutti i Paesi dell’area Schengen - discesa dei contagi permettendo - entro il prossimo 6 luglio. Data, questa, troppo lontana per il settore commerciale alla frontiera che sta avendo ripercussioni economiche drammatiche.
La risposta non si è fatta aspettare. Una lettera dei sindaci dei comuni dell’Alto Varesotto al confine con il Canton Ticino è stata indirizzata ieri ai parlamentari del territorio, al presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, agli assessori e ai consiglieri regionali con la richiesta di un intervento politico per ripristinare al più presto la libertà di circolazione con la Svizzera.
«Le decisioni prese oggi dal governo federale svizzero provocano apprensione e preoccupazione nei Comuni di frontiera», è scritto nel documento firmato dal presidente della Associazione Comuni Italiani di Frontiera, Massimo Mastromarino, dal presidente della Comunità Montana Valli del Verbano, Simone Castoldi, e dal presidente della Comunità Montana del Piambello, Paolo Sartorio. Vengono evidenziate «le ripercussioni che la mancata apertura delle frontiere comporta per le attività economiche e i ricongiungimenti familiari. Vi chiediamo», si conclude la lettera, «di porre in essere tutte le azioni affinché si concordino tempi certi per il ricongiungimento familiare e la riapertura delle frontiere stesse».
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