TACCUINO
Flavio Caroli: I miei vinti? Sono i più grandi
Uno dei più noti storici dell’arte in Italia presenterà il suo nuovo ultimo libro al Premio Chiara

Lo incontreremo a Varese domenica 13, in occasione del Premio Chiara (Sala Veratti, ore 18): Flavio Caroli, ravennate di nascita e milanese di adozione, è uno dei più noti storici dell’arte in Italia, che ha affiancato alla attività di ricerca scientifica una rara capacità di racconto e divulgazione, raggiungendo e appassionando il grande pubblico. Con il suo ultimo libro, L’altra storia dell’arte. I vinti vincitori(Rizzoli), Caroli torna a indagare la linea d’ombra dell’arte che da sempre lo interessa, portando alla luce vicende di artisti che, pur non avendo avuto riconoscimenti in vita, hanno influenzato in modo fondamentale il corso della storia e della storia dell’arte. «Un’altra storia dell’arte è possibile – dice Caroli - la storia dei vinti, le cui idee hanno alimentato e orientato il futuro».
Professore, perché la interessano i vinti?
«Sgombriamo il campo da un equivoco, i vinti non sono gli artisti di serie B. Pensiamo a figure come Mozart, la cui musica ha influenzato il mondo intero ma alla morte è stato sepolto in una fossa comune della quale si erano perse addirittura le tracce; pensiamo a Leopardi, o a Caravaggio. Sono i grandi, grandissimi che in vita sono stati misconosciuti perché non corrispondevano alla scala di valori del loro mondo, salvo poi che il fatto che il loro messaggio è stato infinitamente più fertile di quello dei vincitori. In generale, i vinti sono coloro che non hanno visto riconosciuta la forza del loro pensiero e della loro azione e hanno dovuto sottostare a leggi e giudizi dettati da altri. Fortunatamente il tempo ha risarcito molti torti. E in questo caso si può, anzi si deve parlare di vinti vincitori».
L’arte lombarda è una vinta del Rinascimento?
«La Lombardia secondo me è la grande vinta del Rinascimento. Una storia che in parte si è tentato di risarcire. Intanto c’è Lorenzo Lotto (1480-1556), che ha lavorato a lungo a Bergamo. Lotto, una mia grande passione fin dalla giovinezza, è il vinto vincitore per eccellenza dell’età moderna. Il padre della psicologia moderna in pittura. Poi gli artisti bresciani, Girolamo Romanino (1485-1566), Girolamo Savoldo (1480-1548) e Moretto (1498-1554), fondamentali per il linguaggio di Caravaggio, delle cui opere giovanili realizzate a Milano non sappiamo nulla. Ancora meno noto il mantovano Giuseppe Bazzani (1690-1769) che è stato il contrappunto sognante e torbido del supremo vigore di Giacomo Ceruti e Fra Galgario. Siamo nel Settecento, con Bazzani ma anche con Pietro Antonio Magatti (1691-1767), un altro vinto lombardo, originario di Varese».
I suoi vinti-vincitori preferiti?
«Beh, oltre a Lotto, certamente Jackson Pollock (1912-1956). Parigi lo ha rifiutato, lui è scappato a New York che nel 1952 lo ha respinto. Così si è suicidato, si è buttato con la macchina contro un albero. Grazie a lui, da “vinta” e periferica, l’arte americana è diventata ben presto padrona del mondo».
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