CAMPANILISMO CULINARIO
Gallarate, la sfida degli amaretti
Farli diventare un simbolo della cucina. Come Busto coi bruscitti e Varese col risotto al persico

Forse è arrivato il momento di mettere l’orgoglio gallaratese in vetrina, più precisamente nella vetrina dei dolci. Anche se il Natale si sta avvicinando, il dolce in questione non è il panettone e nemmeno il pandoro. E allora per quale ghiottoneria potrebbe diventare famosa oltre i confini e, soprattutto orgogliosa, la Città dei Due Galli? Per l’amaretto, ovviamente.
Come fare? Qualche tentativo per sfondare all’estero è stato fatto, certo, anche la defunta Regina Elisabetta II assaggiò il tipico dolce a base di mandorla. E poi? Magari Gallarate potrebbe prendere spunto da qualche “vicino di casa” che, nel tempo, ha saputo valorizzare un’eccellenza del suo territorio e farla diventare una leva per promuovere la città.
Un esempio? A pochi chilometri di distanza, diciamo quasi a chilometro zero: Busto Arsizio e il suo “Magistero dei Bruscitti”.
Dopo i primi passi a Gallarate è giunto il momento di schiacciare il piede sull’acceleratore, fare squadra e dare agli amaretti il valore che meritano. Anche dal punto di vista identitario. Parola d’ordine: amare gli amaretti.
INSIEME PER VALORIZZARE
Un dolce, si narra, nato per sbaglio ma che racchiude una storia ed un gusto unico. Con una forma irregolare (tanto che gli stessi produttori non riescono a farne due uguali), una superficie non perfetta con una crosta croccante e scura che racchiude un cuore morbido.
Un piacere per gli occhi ma anche per il palato tanto che sono sempre più i pasticceri gallaratesi che hanno inserito l’amaretto tra la proposte per i clienti. Come mai il dolce tipico della Città dei Due Galli non ne è diventato anche il simbolo? Il 2023 poteva essere l’anno della svolta prima con la proposta lanciata dall’allora assessore al Marketing territoriale, Francesca Caruso, di renderlo un prodotto a Indicazione Geografica Protetta (Igp), e poi con la degustazione organizzata dal Clup Papillon.
I primi incontri conoscitivi sono stati organizzati ma poi non se n’è fatto più nulla, l’attenzione è poco a poco diminuita e le luci della ribalta si sono affievolite. Insomma, i nove produttori cittadini, per ora, non sono riusciti a trovare il modo più adatto per lanciarsi insieme in questa sfida alimentare e sociale e quindi l’iter si è arenato.
Che sia il 2024 l’anno giusto? Peraltro, nel frattempo Francesca Caruso è diventata assessore regionale alla Cultura. Un ottimo “aggancio”.
L’ESEMPIO DI BUSTO
Ebbene sì, la vicina Büsti Gràndi in cucina batte - almeno per il momento - Gallarate con un piatto che, negli anni, è diventato un simbolo. Per molti anche un motivo di vanto, anzi, una vera e propria religione tanto da fondare il “Magistero dei Bruscitti”. Il percorso per arrivare a questo traguardo però, non è stato né semplice né veloce ed inizia nel novembre del 1975 quando Bruno Grampa fondò l’associazione con un obiettivo chiaro: «Creare un sodalizio che salvasse, valorizzasse e diffondesse la conoscenza della tradizione della cucina bustocca».
Forse è proprio in questo piccolo ma in realtà fondamentale passaggio, che si nasconde il successo che nell’ultimo periodo stanno riscuotendo i Bruscitti.
Non solo: nella primavera del 2022 a Varese è stata fondata la “Confraternita del Ris in Cagnun cul Persic”, vale a dire il riso in cagnone con il pesce persico: una ricetta tipicamente varesina. Che cosa aspetta Gallarate a organizzarsi?
SFIDA ACCETTATA?
Diciamo le cose come stanno, suggerire a un gallaratese di prendere esempio da un bustocco (e viceversa), è un’eresia ma, per un bene superiore, si potrebbe anche fare. In vista, perché no?, di una sfida campanilistica a colpi di ricette e di piatti da assaggiare.
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