LA SVOLTA
Il Fare: basta aste al ribasso
Per la quarta volta nessuno ha voluto comprare l’ex centro commerciale e ora si cambia strategia

Basta. A un certo punto bisogna fermarsi se non si vuole svilire qualcosa che invece vale e anche molto. Sicché non si scenderà oltre nel prezzo: andata deserta anche l’ultima asta, la quarta in altrettanti anni, l’ex centro commerciale Il Fare manterrà il valore di vendita di 3 milioni 680mila euro e non sarà più messo all’incanto. Sempre seguendo le rigide norme fallimentari, la megastruttura acciaio, vetro e cemento armato, seguirà una via alternativa.
E qui potrebbe entrare in gioco il Comune che, tra l’altro, è nel novero dei creditori in quanto uno dei proprietari del condominio che raggruppa area di vendita chiusa, uffici in attività e sei piani (due interrati) di parcheggio da 600 posti. Perché il futuro dell’immobile a questo punto ruota intorno alla possibilità di ampliare la destinazione ora esclusivamente commerciale. Tanto che nel pacchetto ci sono licenze per un milione 800mila euro.
Insomma, Il Fare al fixing dell’ennesima asta senza compratori si assesta su un prezzo totale di 5 milioni 480mila euro. Ai quali bisogna aggiungerne almeno altri 3 e mezzo per rimettere in funzione i due piani in cui trovavano spazio i negozi prima del fallimento del centro. Una cifra, quella di vendita, sotto la quale a questo punto non si può andare.
«Dall’ultima riunione del comitato dei creditori è emerso che non si può continuare con il gioco al ribasso», fanno sapere dall’amministrazione di condominio.
«È molto probabile, allora, che il curatore proponga al giudice di applicare una soluzione alternativa in base alle prescrizioni del Codice fallimentare». Dato per scontato che dire «molto probabile» rientri in una forma di prudenza obbligata in casi del genere, la procedura sulla quale si punterà è la vendita sottoposta a determinate condizioni.
Una potrebbe essere sciogliere il nodo licenze. O meglio, appurato che non può essere scontato, quel milione 800mila euro almeno abbia un valore ampio: la destinazione commerciale è un freno alla vendita, mentre una diversificazione dei possibili usi (magari con qualificazione sanitaria o artigianale o produttiva o terziaria) potrebbe dare la spinta giusta.
E se questo sviluppo, che prevede un cambio da richiedere al Comune, può essere una condizione decisiva alla quale legare l’acquisto, a garantire che Il Fare «ha mercato» sono le buone condizioni nelle quali si trova benché siano trascorsi otto anni dal fallimento.
La struttura è a posto. Del resto, fa notare l’amministrazione di condominio.
«Le spese ammontano a 200mila euro l’anno». Adesso le pagano le tre «solide e importanti imprese» che occupano gran parte dell’ala degli uffici e il Comune che è proprietario di 200 parcheggi, anticipando pure le quote in capo alla procedure fallimentare. Nella somma rientra lo stipendio dei tre manutentori fissi impegnati quotidianamente a tenere in ordine ogni angolo del Fare.
«Un centro pronto a essere riaperto in breve tempo». Appunto soltanto quello necessario a dare una rinfrescata, sistemare apparecchiature e reti di servizio, inserire l’attività prescelta.
Un’eventualità impensabile fino a un paio di anni fa. Quando clochard, tossici e ladri erano una presenza costante al centro commerciale dismesso e ai parcheggi.
Figurarsi che una notte furono rubati 400 metri di cavo elettrico da 15mila volt, in pratica il cablaggio della struttura, con corrente in funzione. Un brutto ricordo, come le siringe. Resistono i ragazzotti che passano il pomeriggio nel silo a bere, scrivere sui muri e svuotare estintori.
«Costo non indifferente».
Ma pure questo fenomeno, grazie a controlli e manutenzioni, è in calo.
Rimane il problema della vendita. Ma non dell’interesse: «In tre anni una ventina di gruppi, anche stranieri, è venuta a fare sopralluoghi».
E le visite continuano, visto che ce ne sarà una settimana prossima. Così nell’attesa della svolta, le sole aste a resistere sono quelle imminenti (il 14 e il 24 maggio al secondo tentativo per entrambe) dei due uffici vuoti: uno da 430 metri quadrati che parte da 182mila euro e uno da 800 metri quadrati che va all’incanto a 338mila euro. Il resto tocca al mercato.
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