LA SANITÁ
«Dodici ore in sala operatoria. Assurdo»
Ospedale Sant’Antonio Abate. I sindacati di Fsi-Usae: allo sbando senza infermieri

«Ci sono infermieri costretti a restare nelle sale operatorie dalle 7 del mattino alle 19: dodici ore di lavoro. Un’assurdità, che mina i diritti dei lavoratori e la salute dei pazienti».
Luisa Pistocchi, segretario territoriale di Fsi-Usae, e Giocondo Trotta, uno dei dirigenti territoriali, danno battaglia all’Asst Valle Olona invocando assunzioni sul fronte infermieristico.
La prossima settimana, dal 17 al 19 aprile, si svolgeranno negli ospedali del territorio le elezioni per il rinnovo delle Rappresentanze sindacali unitarie e ogni sigla si dà da fare per evidenziare il proprio programma. Fsi-Usae è una delle nove formazioni che hanno presentato le loro liste, insieme con Fsi, Cgil, Cisl, Uil, Adl, Fials, Nursind e Nursing Up.
«I reparti sono al limite, manca personale, nelle sale operatorie come nei poliambulatori. Si tira a campare, mentre coordinatori e Sipra (il servizio infermieristico) non si assumono le loro responsabilità e continuano a bocciare le ferie di chi lavora e ad assegnare turni massacranti perché mancano sostituti - dicono Pistocchi e Trotta -. Noi siamo un sindacato autonomo senza padrini e senza padroni, all’Asst lo diciamo chiaramente: senza nuove assunzioni, tutto andrà a rotoli. Quanto ai vari problemi, le richieste sono semplici: non si possono chiedere 14 reperibilità al mese a elettricisti e ad altre figure in alcuni settori, così non sono garantiti i diritti sanciti dall’Unione europea; bisogna abolire la mobilità selvaggia; migliorare il regolamento sulla mobilità periodica; regolare gli straordinari che vengono usati per compensare la dotazione carente di personale; abolire gli ordini di servizio che obbligano a essere presenti anche su più turni; riconoscere il tempo di vestizione a chi lavora a giornata e non soltanto ai turnisti».
Fsi-Usae è furiosa con l’Azienda per il caso delle lettere inviate al centinaio di iscritti per ribadire il loro passaggio da Confasi a questo sindacato.
«L’Asst spinge per portare i dipendenti ad altre sigle - dicono Pistocchi e Trotta -. Con i reparti allo sbando si mette a fare questi giochini. Denunciamo un atteggiamento antisindacale nel periodo elettorale delle Rsu, solo allo scopo di scoraggiare i nostri iscritti e indebolire il sindacato. È un fatto gravissimo, ci attaccano perché abbiamo sempre criticato le malefatte aziendali, ma noi continueremo a denunciare le irregolarità. Lottiamo per dare giustizia ai lavoratori, non ci facciamo intimidire. A chi crede di farci perdere iscritti, sperando che le persone non ribadiscano il passaggio, già attestato nel dicembre scorso da Confasi a Fsi-Usae, diciamo che si sbagliano di grosso: restiamo forti e combattivi».
Stando al racconto di Pistocchi e Trotta, lunedì un dipendente dell’azienda è stato incaricato di consegnare a mano agli iscritti a Fsi-Usae una raccomandata in cui si chiede di confermare o meno la disdetta a Confasi e la contestuale iscrizione a quel sindacato.
Un passaggio inusuale, perché presuppone che l’azienda conosca l’appartenenza sindacale di ogni dipendente.
Ieri, giovedì 12 aprile, la chiamata dell’ufficio personale a una iscritta.
«Era a casa, l’hanno invitata ad andare alla sede amministrativa. Non ha senso - dicono i due -. La lettera dice che ci sono state segnalazioni all’Asst e che si agisce “a salvaguardia di personale interesse” mettendo l’accento sul riversamento dell’importo di delega mensile trattenuto normalmente in busta paga. Al personale si chiede di rispondere via mail entro il 13 aprile, il che dà per scontato che ciascuno disponga di posta elettronica. Tutto questo viola la privacy dei lavoratori e la loro libertà di scelta».
Quando hanno saputo della consegna manuale delle lettere, Pistocchi e Trotta hanno stoppato a Somma Lombardo l’operatore tecnico (che già aveva raggiunto i dipendenti a Gallarate e Angera) e chiamato i carabinieri, che hanno consigliato loro di rivolgersi a un legale.
«È un attacco alla nostra sigla - dice Pistocchi -. Non possiamo accettarlo, procederemo consultandoci con il nostro avvocato».
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