ARTE
Il murale: un’occasione per avvicinare tutti all’arte
L’ultima opera di Andrea Ravo Mattoni è nel Quadrilatero della Moda di Milano. La sua arte nasce dall’unione di una bomboletta con la pittura classica

Mentre Milano era deserta e i milanesi in vacanza, arrampicato su scale e sospeso con un braccio meccanico sotto il sole cocente di Ferragosto, bomboletta alla mano, Andrea Ravo Mattoni ha terminato la sua enorme opera (30×14 metri) sulla facciata di un palazzo, tra via Sant’Andrea e Montenapoleone, nel passaggio pedonale che collega corso Venezia, nel cuore del Quadrilatero della Moda. Un intervento voluto da un committente privato che, desiderando restare anonimo, ha donato quest’opera alla città, un omaggio di speranza nella pace e nella giustizia, personificate dalle due figure femminili che compaiono tra le finestre. È la personale ripresa da parte dell’artista varesino della grande tela del massimo esponente della pittura rococò a Roma nella prima metà del XVIII secolo, Corrado Giaquinto, Allegoria della Giustizia e della Pace, conservata al museo del Prado di Madrid (che l’artista ha dipinto anche presso il Tribunale di Varese). L’opera è tra le ultime nell’elenco redatto dall’Ufficio Arte nello Spazio Pubblico del Comune di Milano, inaugurato nel 2021 con lo scopo di censire e valorizzare il patrimonio artistico sul tessuto urbano, lavori realizzati in spazi pubblici e privati, con il nulla osta degli uffici competenti. Nato in una famiglia di artisti affermati, Andrea Ravo Mattoni, torna volentieri a Varese, sua città natale, tra un progetto internazionale e l’altro. Qui lo abbiamo incontrato. «Ho scelto la tela di Giaquinto – ci ha raccontato –, perché mi è sempre piaciuto il messaggio universale che comunica, valido nel presente ma in ogni momento della storia. Inoltre, si adattava bene alla superficie – estremamente complessa – sui cui mi sono trovato a operare, una parete costellata da finestre».
Come nasce la passione per la bomboletta e l’arte urbana?
«Ho iniziato a realizzare graffiti all’età di 14 anni nel 1995, ho proseguito fino ai primi anni 2000 e successivamente ho studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera. Così, ho parzialmente abbandonato l’utilizzo della bomboletta per dedicarmi a una ricerca in ambito prettamente pittorico, concentrandomi sulle tecniche classiche. Terminata Brera ho unito questi due mondi, lo spray e la mia passione per la pittura classica; non sono ripartito lavorando in un contesto di illegalità, ma confrontandomi con istituzioni pubbliche e private».
Ci parli del suo progetto.
«Il progetto di arte pubblica Recupero del Classicismo nel contemporaneo nasce dall’esigenza di rivalutare e fare vedere sotto un’altra forma le grandi opere d’arte classica, invitando le persone a incuriosirsi per il patrimonio artistico e culturale che caratterizza la nostra nazione, ovviamente, ma anche tutto il mondo. L’idea principale è di creare un ponte tra la strada e le istituzioni museali, perché chiunque, anche chi non frequenta i musei, osservando le mie opere possa poi incuriosirsi e visitarli. Una specie di lezione di storia dell’arte dove sono le opere stesse a narrarsi; Andrea Ravo si fa da parte, mi considero come il direttore d’orchestra che presenta un’opera di Verdi o di Bach e la interpreta, ma è l’opera stessa a parlare, anche a chi non ha studiato musica. Un’operazione di arte contemporanea al servizio della comunità, per il suo valore didattico, formativo, o, semplicemente, di bellezza».
Il suo rapporto con Varese?
«Sono luvinatese, quindi abito a pochi passi da Varese e, pur lavorando in tutto il mondo, sono sempre felice di tornare a casa e godere dei miei luoghi, la vista del Monte Rosa e quello scorcio meraviglioso che si apre allo sguardo arrivando da Milano all’uscita dell’autostrada».
Il suo ultimo lavoro a Varese, tra i tanti realizzati?
«Si tratta del progetto realizzato lo scorso maggio sulla parete di un edificio di via Rainoldi, di fronte alla sede dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) che ha così ricordato 80 anni di fondazione. Un muro di 30 metri dedicato all’Allegoria della costruzione, realizzato con l’ausilio dell’Intelligenza artificiale, che ha creato un’immagine nuova usando un’opera di Tiepolo e una di Velazquez. Tre anni fa sono rimasto folgorato dall’intelligenza artificiale e ho pensato di utilizzarla come un’assistente. Insieme a un collaboratore ho fondato una mia intelligenza artificiale, “Inelegans”, che “nutro” con varie opere classiche. L’intelligenza artificiale mi restituisce, attraverso una descrizione che decido io, delle immagini fantastiche per me e del tutto nuove, che poi io traduco con l’uso della bomboletta spray, la quadrettatura, la mia manualità…»
Il suo lavoro più impegnativo e quello cui è più affezionato.
«Quello più impegnativo l’ho realizzato in Brasile a San Paolo, è un’opera alta 45 metri e lunga 20 (vedi box, ndr); quello cui sono più affezionato… sicuramente questo di Milano, per la complessità di lavorare su un muso così lungo. Poi, sono tanti, ma dovendo scegliere il primo lavoro che feci a Parigi nel 2018 in collaborazione con il Museo del Louvre, la parete monumentale di Georges De la Tour nel campus dell’Università di Paris Nanterre. E, naturalmente, il Caravaggio dell’Iper di Varese».
Un sogno nel cassetto.
«Tornare in Brasile per un progetto di cui non parlo per scaramanzia e a cui tengo molto. E poi, continuare a lavorare bene, in salute, con questo progetto che mi dà l’opportunità di conoscere luoghi e tradizioni diverse, di incontrare persone che non vedono l’ora di mostrarmi la loro nazione e cultura, per tornare a casa a Varese e condividere questo bagaglio di esperienza».
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