LE NOSTRE STORIE
Il ponte sullo Stretto ha un antenato sul lago
Quasi un secolo fa nacque il progetto per collegare Laveno Mombello e Intra. Non fu mai realizzato

Il progetto del ponte sullo Stretto di Messina ha avuto un antenato sul lago Maggiore: mai realizzato, ma tanto discusso in provincia di Varese negli anni Trenta e nel dopoguerra. Fu proposto da imprenditori inglesi, ipotizzando di costruire un ponte tra Laveno Mombello e Intra. I contatti erano con il governo di Benito Mussolini, che appariva assai favorevole. Poi scoppiò la guerra e non se ne fece nulla. Il progetto dell’ingegner Alfredo Varni prevedeva un asse stradale realizzato con barche in cemento armato larghe una dozzina di metri e incastrate l’una all’altra affiancata da due marciapiedi. I barconi necessari sarebbero stati costruiti a Laveno con un cantiere in prossimità dell’attuale Gaggetto da cui sarebbe partito il ponte che doveva arrivare in località San Bernardino a Verbania. Gli investitori si aspettavano buoni incassi dal pagamento dei pedaggi. C’era già il ponte sul Ceresio tra Bissone e Melide, con caratteristiche assai diverse.
PRO E CONTRO DEI COMUNI
Il ponte sul lago Maggiore ritornò nel dopoguerra tra la metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. Il sindaco di Verbania Ugo Sironi si disse entusiasta dopo che il governo nel 1954 aveva detto sì (poi invece lo bocciò): «Si parla da diverso tempo di nuove strade, di allargamento della Verbania-Locarno, di ferrovie che dovrebbero aprire nuovi sbocchi verso il lago, ma nulla. Invece in altre località si costruiscono ponti, si completano trafori, si fanno autostrade. La via del Gottardo, la Ceva-Savona, il traforo del Monte Bianco chiuderanno inesorabilmente in una sacca la nostra zona». Anche ad Arona si dissero favorevoli con il sindaco Carlo Torelli che però voleva la strada panoramica Meina-Feriolo, la futura autostrada A26. Mario Merli, assessore alle Finanze per la provincia di Varese, dichiarò: «Condizionerò la mia adesione alla realizzazione del ponte solo se la provincia si impegnerà a sistemare la litoranea lacustre tra Luino e il confine svizzero, sicuro che solo questa opera potrà compensare, e forse anche portare un maggiore incremento turistico. Altrimenti l’alto lago, commercialmente e turisticamente, avrebbe tutto da perdere con la realizzazione del ponte». A Luino erano contrari, ma nella vicino comune di Laveno Mombello il sindaco Gennaro Airoli dichiarò: «Ripetiamo la nostra incondizionata adesione all’iniziativa, convinti che il ponte porterà maggiori traffici e scambi, sia turistici che commerciali, con conseguenti vantaggi per entrambe le province».
DAL GALLEGGIANTE AL TUBOLARE SUBACQUEO
Per il ponte si costituì una società che avrebbe dovuto ottenere i consensi necessari. Tre le soluzioni. La più conveniente era quella di un ponte galleggiante stabilizzato da strutture fisse subacquee e ancorato alle rive da ponti metallici lunghi 100 metri che possono aprirsi per consentire il passaggio ai battelli. Il costo dell’opera era previsto in 5 miliardi e 686 milioni di lire. La seconda soluzione era quella di un ponte appoggiato a cassoni immersi: una specie di viadotto, che avrebbe lasciato libero transito alle imbarcazioni, ma esigeva l’impianto di piloni, pericolosi in caso dì nebbia. Costo: 8 miliardi e 602 milioni. Terza soluzione tipo tunnel sotto la Manica: un ponte tubolare subacqueo a 14 metri sotto il livello dell’acqua. Sarebbe stato invisibile e avrebbe lasciato libero transito alla navigazione, ma doveva essere attrezzato con impianti di ventilazione e sicurezza. Costo: 15 miliardi e mezzo circa. Come altri progetti ipotizzati a quel tempo (il traforo stradale del Sempione, un aeroporto a Feriolo, l’idrovia Locarno-Milano) finì nel dimenticatoio.
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