IL CONVEGNO
In tutta la provincia di Varese oltre 600 aree da recuperare
Sono simboli di archeologica industriale che potrebbero avere una nuova vocazione. Il paradosso: mancano leggi specifiche e le interpretazioni sono spesso confuse
Rinascere dalle nostre macerie: può sembrare esagerato e persino troppo poetico-filosofico, eppure è qualcosa di molto, molto concreto, che ha a che fare con il futuro delle nostre città e con la capacità di rispondere alle nuove esigenze della popolazione senza divorare altro spazio vergine. Anche nel nostro territorio ci sono moltissime aree che potrebbero essere rinnovate migliorando l’aspetto e i servizi di piccoli paesi o grandi centri. Del resto ognuno ha la sua “ferita” da risanare.
Soltanto in provincia di Varese le aree dismesse sono circa seicento, da nord a sud: impossibile mettere mano a tutte, ma una programmazione di lungo periodo non può prescindere da questo slancio. Di varia origine e dimensioni, nella maggior parte dei casi si tratta di avanzi di archeologia industriale non più utilizzati e che ora, tetri e in disuso, deturpano il paesaggio e rendono più brutte le zone in cui sono stati costruiti con fini ben più nobili. Da un passato di produzione, benessere e lavoro per migliaia di addetti, si è passati a cattedrali nel deserto abbandonate e sinistre.
Del tema si è discusso anche al convegno svoltosi il 7 aprile al Palace Grand Hotel di Varese dal titolo “Rigenerazione territoriale e sviluppo economico sostenibile”, organizzato e presieduto da Luca Sartorio, giurista e fondatore dell’omonimo studio “Sartorio law & economics” (presenti l’urbanista ed ex ministro ai Trasporti, Alessandro Bianchi, e il docente di Urbanistica alla Sapienza di Roma e componente del Nucleo di valutazione degli investimenti pubblici della presidenza del Consiglio dei ministri, Francesco Alessandria).
Al centro anche un paradosso: la spinta comune verso la rigenerazione urbana e, dall’altro, l’assenza di una legge che lo codifichi al pari di altri settori, come urbanistica, edilizia, restauro e risanamento conservativo. Ecco allora che mancano regole certe e spesso l’interpretazione varia a seconda dei casi: il faro è senza dubbio il concetto di sostenibilità, e cioè l’esigenza di arrivare a uno sviluppo che soddisfi le esigenze di oggi senza compromettere quelle di domani, oltre gli interessi economici di pochi per il futuro di tutti.
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