UNIVERSITA’
La guerra dell’Insubria: Senato contro rettore
Braccio di ferro sulla Fondazione voluta da Tagliabue

Ci sono tensioni molto forti dentro l’Università dell’Insubria e il contrasto, che va avanti dalla fine dello scorso anno, è ai massimi livelli: il Senato accademico, composto da rappresentanti dei docenti, del personale tecnico-amministrativo e degli studenti, contro il rettore Angelo Tagliabue, agli ultimi mesi di mandato (le elezioni per il suo successore si svolgeranno a luglio). Oggetto del contendere: la Fondazione Università dell’Insubria, nel cui consiglio di amministrazione siede lo stesso Tagliabue come presidente, appunto una fondazione di diritto privato, senza fini di lucro, per lo svolgimento di attività di supporto alla didattica e alla ricerca, che così com’è stata concepita non piace per niente ai senatori. I quali nella seduta straordinaria dello scorso 25 marzo hanno detto no alla convenzione quadro per la gestione dei rapporti tra i due enti e alle linee guida dell’attività della Fondazione con un’astensione di massa di tutte le componenti.
TUTTO RINVIATO
Negli ultimi tre mesi non è successo però solo questo: il braccio di ferro sulla Fondazione ha prodotto infatti una sostanziale paralisi dell’attività del Senato e di conseguenza di tutta l’Insubria. Ce lo dicono tre verbali del Senato accademico che La Prealpina ha potuto visionare, relativi alle sedute del 18 dicembre 2023 e del 21 febbraio e del 18 marzo 2024. Ognuno occupa una paginetta scarsa e tutti si concludono in questo modo: “Tutti gli altri punti previsti nell’ODG sono stati rinviati”. E inoltre nei due più recenti figura all’ordine del giorno solo la questione della Fondazione, in entrambi i casi con un rinvio come esito.
In sostanza, dicono fonti interne all’università, il rettore Tagliabue, rappresentato nelle sedute dal prorettore Stefano Serra Capizzano (e qui c’è una notizia nella notizia, dato che di quello che appariva come un dissidio insanabile tra i due, anche con versante giudiziario, si era parlato molto qualche anno fa, e ora evidentemente non c’è più), avrebbe tentato in questo modo di convincere i senatori ad approvare convenzione quadro e linee guida quasi per sfinimento, è stata l’impressione. Ma senza riuscirci.
IL SI’ DEL MINISTERO
Un passo indietro. Una Fondazione di diritto privato che fiancheggi l’università, ad esempio con attività di fundraising o favorendo l’inserimento lavorativo dei laureati o sviluppando le capacità residenziali o di ospitalità, non è certo un’invenzione varesina. Tanto è vero che nella delibera del consiglio di amministrazione dell’ateneo che la istituisce - fine maggio dello scorso anno, approvata con sei voti favorevoli e un’astensione - si legge anche di un membro del cda designato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che da parte sua in precedenza aveva approvato lo statuto. E inoltre lo stesso Senato accademico aveva detto sì all’idea della Fondazione il 20 ottobre 2021. E in seguito aveva ripetuto il suo sì per lo statuto.
DUE MILIONI E TRE COLLEGI
Che cosa, quindi, non piace oggi ai senatori? In base a quello che La Prealpina ha potuto ricostruire, non piace che nel cda della Fondazione ci siano tre membri del cda dell’ateneo, compreso Tagliabue, che in questo modo, si potrebbe dire, uscirebbe quest’anno dalla porta del rettorato per rientrare dalla finestra della Fondazione (perplessità anche sulla sussistenza del numero legale al momento del voto del cda sul “raddoppio” degli incarichi dei tre consiglieri, che naturalmente uscirono dalla stanza per due minuti). E poi c’è la questione dei fondi che l’Insubria dovrebbe girare alla Fondazione per farla partire e per il suo funzionamento - si parla di un paio di milioni di euro per i primi tre anni -, del “prestito” di personale e soprattutto del trasferimento della gestione di tre immobili non di poco conto: il Collegio Cattaneo e il Collegio ex City Hotel a Varese, e il Collegio Santa Teresa a Como.
CONFLITTO D’INTERESSI?
Ma come, dicono i senatori, scopo della Fondazione dovrebbe essere portare soldi all’Insubria, e invece è l’Insubria a mettere nelle mani della Fondazione soldi e palazzi? E per di più con una delibera del cda dell’ateneo in cui le stesse persone, in doppia veste, “danno e ricevono” soldi e palazzi. Tutto perfettamente legale? Qualche dubbio pare abbia scosso il Senato, senza produrre però iniziative concrete da un punto di vista giudiziario. E in ogni caso si ritiene l’operazione poco opportuna in un momento in cui l’ateneo si appresta a scegliere la sua nuova guida per i prossimi sei anni.
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