FALLIMENTO
Latte Varese, brand all’asta
Deserta la prima gara per marchio e furgoni: base di 108mila euro

Il brand Latte Varese torna all’asta per la seconda volta, ma il primo tentativo il 5 luglio scorso è già andato deserto. Mentre cala il sipario definitivamente su Cooperativa e Centrale, il marchio resta in vita e potrebbe essere rilevato da nuovi investitori. Certo non c’è molto ottimismo, dopo la fine della produzione e il mancato interesse alla continuità. Dunque il prodotto è sparito, ma resta una goccia di speranza per tenere sul mercato un pezzo di territorio. Di sicuro la Centrale di via Uberti verrà smantellata e la cooperativa è fallita. Di sicuro lì non si potrà più produrre dopo un’attività quasi centenaria (prima nella sede di viale Valganna, qui da 1953), ma il marchio, in altri modi e forme, potrebbe risorgere in teoria.
VICENDA COMPLESSA
La vicenda è complessa, perché sono due le società coinvolte nel fallimento: da un lato c’è la Cooperativa agricola Latte Varese, il versante produttivo, in liquidazione coatta amministrativa come prevede la normativa sulle coop orientata alla salvaguardia dei posti di lavoro. E infatti il Ministero dello sviluppo economico, guidato dal varesino Giancarlo Giorgetti, ha indicato un commissario, Gian Paolo Carotti, per valutare se vi fossero speranze di ripartenza. Non è stato così: dopo otto mesi di tentativi, nessun investitore si è presentato ed è calato il sipario. E poi c’è la Centrale del latte, il braccio commerciale, una Srl creata nel 2016-2017, controllata al 100% dalla coop, dichiarata ugualmente fallita ma dal Tribunale di Varese con l’indicazione di un curatore fallimentare. Qui la necessità è ridurre le perdite incassando il massimo. Ebbene la Srl detiene anche il brand, a cui generazioni di varesini sono affezionate, ora inserito nel fallimento.
MARCHIO IN VENDITA
L’Istituto vendite giudiziarie del Tribunale di Varese e Busto Arsizio ha già inserito il marchio registrato all’Ufficio italiano brevetti “Latte Varese”, con la famosa goccia e la scritta bianca e azzurra, fra i beni in vendita con relativa asta, insieme a 5 furgoni, tutti muniti delle insegne sulle fiancate. Il 5 luglio il primo tentativo, non riuscito: nessuno si è presentato e ora si abbassano del 25% prezzo base e offerta minima, a 108.750 euro contro i 145mila del primo giro. Si inizia lunedì 19 settembre dalle 12 fino a venerdì 23 alla stessa ora. Cinque giorni di tempo. L’operazione sarà telematica, le iscrizioni terminano domani alle 12. Chi è interessato può ancora candidarsi per aggiudicarsi il marchio, con possibilità di rilancio minimo di 5mila euro a volta. Necessaria una cauzione del 15% sul prezzo offerto.
Da un lato muore definitivamente la parte storica e più corposa, con sede e 16 posti di lavoro, dall’altro resta in vita un marchio però svuotato.
LA PREVISIONE
I bene informati non si aspettano le masse a quest’asta: perché farsi vivi solo adesso quando ci sono stati nove mesi per evitare il baratro? Che interesse potrebbe avere ora una multinazionale a rilevare un nome quando non ci sono più né la Centrale né la rete commerciale? La fine della Cooperativa non è stata una buona notizia e da dicembre 2021 le confezioni sono fuori dal mercato. Più passa il tempo e peggio è: se l’asta dovesse andare ancora deserta, le possibilità di successo sarebbero ridotte al lumicino. L’amore per il Latte Varese è legato al chilometro zero: quindi è soprattutto dal territorio che ci si aspetta una mossa.
I 700 clienti hanno trovato altre strade, gli allevatori si rivolgono ad altri nomi. Già tre anni fa un grosso nome si fece avanti ma il Cda rifiutò per mantenere l’autonomia, per difendere quello che era nel tetrapak più che la confezione. Ora chi potrebbe avere vantaggio a fare l’operazione contraria? In linea teorica, gruppi o imprenditori potrebbero fare un’offerta e acquisire il marchio ma con quali prospettive? Non resta che attendere l’esito dell’asta per capire se ci sia o meno voglia di riportare quella scritta sugli scaffali.
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