INCENDIO DOLOSO
Lavena, minacce e casa bruciata alla ex
Alla sbarra un 36enne fotografato dalla vicina

Prima i messaggi su WhatsApp, poi un messaggio minatorio su Facebook, infine l’incursione e l’incendio nell’appartamento della ex, che era in vacanza.
Per la Procura della Repubblica di Varese e i carabinieri di Luino non ci sono dubbi che sia stato il fidanzato lasciato, un napoletano di 36 anni, ad appiccare il fuoco nella casa della ragazza. Del resto, qualche settimana dopo il rogo l’uomo fu arrestato con le accuse di incendio doloso e violazione di domicilio.
In casa sua erano stati sequestrati sia una confezione di accendifuoco, un accelerante usato per i barbecue, sia un giubbotto bianco compatibile con l’indumento che indossava l’incendiario la notte del raid, il 22 gennaio 2020. Già, perché una vicina di casa, insospettita dal trambusto proveniente dal piano di sopra, ebbe la prontezza non solo di chiamare il 112 ma anche di scattare, alle 5.25, alcune fotografie all’uomo che scappava da via Zoni.
Uomo che riconobbe come l’ex fidanzato della sua vicina di casa, persona di corporatura robusta, con un fisico da culturista.
Il processo a Cristiano Cerrone s’è aperto ieri mattina in Tribunale a Varese. In realtà, si è trattato solo di un rinvio, perché dopo l’ammissione delle prove chieste dal pubblico ministero Arianna Cremona, dall’avvocato difensore Nicola Trisciuoglio e dal legale di parte civile Mauro Pagani, l’udienza è stata rinviata a ottobre per l’esame dei primi testimoni.
Il movente? Secondo gli inquirenti, la gelosia dell’uomo, che non accettava la fine della relazione. Da qui la decisione di scardinare la porta d’ingresso e poi di dar fuoco al letto e a un divano, peraltro in un alloggio con il soffitto in legno.
Il tempestivo intervento dei pompieri ha quindi evitato conseguenze peggiori.
A inguaiare l’imputato - secondo gli inquirenti - oltre alla vicina, anche i messaggi inviati quella stessa notte alla sua ex, che era in Messico, e un post sul proprio profilo Facebook: «Prima o poi tutti crepano... e tu sarai la prima». Il suo cellulare, inoltre, è stato poi localizzato a poca distanza dall’abitazione della donna. Non solo: la sua auto fu immortalata dalle telecamere del sistema di lettura targhe in entrata a Lavena poco dopo le 5 e in uscita mezz’ora più tardi.
Insomma, per gli investigatori ci sono tutti gli elementi per riconoscere la responsabilità di Cerrone.
Ma il suo difensore punta a dimostrare la sua temporanea incapacità di intendere e di volere perché avrebbe agito sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
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