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Divieto di shopping
Negozi vuoti al confine: «Mancano i clienti ticinesi»

Da Milano a Roma a Palermo lo shopping è RIesploso: reduci da Zone rosse e arancioni, nel fine settimana migliaia di italiani si sono affollati davanti alle vetrine e dentro i negozi a caccia di regali. Non a Lavena Ponte Tresa.
Una delle “capitali” del commercio natalizio in provincia di Varese è rimasta all’asciutto.
Lugano è a 20 minuti d’auto e, sotto Natale, la sponda italiana di questo ramo del Ceresio veniva invasa dai clienti ticinesi. Ora: zero.
Il passaggio in Zona gialla ha riaperto agli spostamenti fra le regioni ma non al transito fra Italia e Svizzera. Un dramma.
Parecchie attività rischiano il fallimento, un intero sistema economico potrebbe collassare: si tratta di 230 attività commerciali in un paese di soli 6.000 abitanti, a cui si aggiungono i 160 banchi del mercato che attiravano 10-15.000 veicoli dalla Svizzera ogni sabato.
«In questi giorni ho visto le immagini di molte realtà della Lombardia», dice il sindaco Massimo Mastromarino, «dove molta gente si dedicava allo shopping.
A Lavena Ponte Tresa non può avvenire. Un’applicazione rigida, meticolosa, letterale delle diverse norme contenute nei vari Dpcm, allegati, circolari e ordinanze, ha reso una frontiera ogni giorno varcata da almeno 10.000 persone (solo nel valico pontresino, ndr) praticamente invalicabile. Un’economia da sempre transfrontaliera oggi è tale solo sul versante elvetico. Allora pongo una domanda: abbiamo fatto tutto ciò che si poteva fare affinché, anche solo per 8 giorni, per 192 ore, per 80 ore lavorative, anche questa parte di territorio lombardo si ritrovasse davvero in Zona gialla?».
La risposta, evidentemente, è no.
«Abbiamo chiesto - aggiunge Stefano Meloro, vicedirettore di Confcommercio Ascom Luino e storico referente su Lavena Ponte Tresa - di rendere flessibili le norme, permettendo l’arrivo in Italia degli svizzeri, anche per poche ore, affinché potesse -ro compiere gli acquisti per poi tornare a casa subito dopo».
Niente da fare.
«Questa situazione - incalza Meloro - sta creando un danno incalcolabile, perché molte aziende hanno dipendenti da tempo in cassa integrazione. Nei negozi d’abbigliamento gran parte della merce resterà invenduta. È assurdo che mentre 70.000 frontalieri possono valicare la frontiera per andare a lavorare, non si possa lasciare passare gli svizzeri. Per Roma siamo un problema quasi inesistente. E, lo dico amaramente, se enti come la Regio Insubrica non risolvono questioni del genere, non hanno ragione d’esistere».
Qualcosa si muove. Ieri il Senato ha approvato un ordine del giorno di Alessandro Alfieri (Pd): «Nel prossimo decreto Ristori, il Governo prevederà dei contributi a fondo perduto per i Comuni di confine, per sostenere l’economia di frontiera». Non è specificata la cifra.
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