LA CRISI
Shopping dalla Svizzera? Solo in Germania
Proteste a Lavena Ponte Tresa: boicottate le attività commerciali italiane
La notizia, ieri, venerdì 14 maggio, già di prima mattina, rimbalzava sulle chat dei commercianti di confine, non solo a Lavena Ponte Tresa.
Non si tratta della possibilità per gli svizzeri di attraversare la frontiera anche senza l’obbligo di quarantena ma del via libera per cui i cittadini della confederazione elvetica proprio da ieri entrano senza problemi in Germania a fare gli acquisti.
«Un lancio di sassi sulle vetrine dei nostri negozi ci avrebbe fatto meno male» commentano i negozianti a Lavena Ponte Tresa.
Il ragionamento è semplice: se le regole devono valere per tutta l’Unione europea, perché in alcuni Paesi è possibile passare la dogana per fare acquisti mentre i ticinesi sono bloccati sul confine italiano?
A seguito di un cambiamento normativo in Germania, il turismo degli acquisti praticato dagli svizzeri è infatti improvvisamente di nuovo possibile e da subito è partito un assalto come nel periodo degli acquisti prenatalizi. Con tanto di giornalisti sul posto a documentare i frontalieri del carrello e le lunghe file davanti ai negozi.
Il governo tedesco – riferisce il sito del giornale “20 Minuten” - ha infatti adattato l’ordinanza sugli arrivi in tempi di Coronavirus e ora, concretamente, chi giunge nel Baden-Württemberg, la regione a nord del Reno, per rimanere fino a un massimo di 24 ore, può fare compere senza quarantena e senza Covid test. Ecco, questo ultimo punto ha fatto arrabbiare chi da mesi chiede che un’analoga misura venga adottata anche nel Varesotto che sta pagando un prezzo altissimo in termini economici, anche lungo la fascia di frontiera.
Numerosi commercianti tedeschi intervistati dal portale informativo esprimono profonda soddisfazione e sperano in un rapido ritorno alla normalità, per un settore sostenuto dal flusso di denaro speso dagli acquirenti svizzeri.
È quello che da mesi vanno dicendo le associazioni dei commercianti, i politici del territorio, i parlamentari del Varesotto, ristoratori e negozianti che per anni hanno lavorato con profitto proprio grazie a questo scambio alla frontiera.
Per tonare in Germania, appare soddisfatto chi gestisce le stazioni dei pacchetti (si tratta degli indirizzi tedeschi dove i consumatori elvetici si fanno mandare gli acquisti online, per aggirare tasse di dogana o prezzi elvetici pretesi da chi fornisce merci in Svizzera). Una di queste stazioni ha attualmente in magazzino 11.300 colli in attesa di essere ritirati da cittadini con residenza nella Confederazione.
Alcuni politici rossocrociati già ieri hanno espresso indignazione per il fenomeno, è il caso della deputata liberale radicale bernese Christa Markwalder, presidente di Swiss Retail Federation. Anche a sud della Alpi, in Ticino, c’è già chi ieri ha sconsigliato da subito un ritorno massiccio in Italia per fare spese, pure con lo spauracchio dei contagi.
Sulle rive del Ceresio c’è grande sconforto, in diversi criticano la politica accusata di essere incapace di difendere il territorio da quella che loro chiamano «una vera guerra» che ha già provocato molti caduti moltiplicando le vetrine con i cartelli “vendesi” o “affittasi”.
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