IL CASO
Allarme medici di base
Nei prossimi 5 anni molti pensionamenti: sostituito uno su tre. Tanti cittadini sono già costretti a rivolgersi fuori Legnano

«Una carenza che ha già raggiunto i contorni della sofferenza»: così il dottor Stefano Ongaro , medico di Medicina generale attivo a San Giorgio su Legnano, descrive la situazione che si sta delineando sul territorio del Distretto Ovest Milanese a causa della mancanza di nuovi medici.
Chi va in pensione non sempre viene sostituito: «Il ricambio, quando va bene, è di uno a tre - spiega Ongaro -. Immaginate i disagi che ne derivano. Non penso tanto a chi gode sostanzialmente di buone condizioni di salute e pertanto ha un rapporto occasionale con il medico di famiglia, ma mi riferisco soprattutto ai pazienti fragili, per i quali noi medici siamo un punto di riferimento costante, quasi quotidiano».
Burocrazia invasiva
Un tempo il medico che andava in pensione affidava i pazienti al suo successore e il passaggio avveniva in modo quasi automatico. Oggi non è più cosi. Adesso è il paziente che deve darsi da fare per cercarsi un altro punto di riferimento, cercando di destreggiarsi in quel guazzabuglio burocratico che la ricerca comporta. «Le modalità di accesso agli uffici di scelta e revoca del medico non sono delle più semplici, soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria» conferma Ongaro: «L’appuntamento va prenotato online e anche la scelta va effettuata per via telematica. Immaginatevi le difficoltà di quei pazienti anziani soli, che non possono contare su una rete familiare di supporto».
Ma i problemi non finiscono qui: la carenza di medici ha, infatti, modificato il quadro geografico e mentre prima si ragionava per ambiti comunali (una persona di Legnano doveva scegliere un medico attivo nel suo stesso comune), oggi i confini sono stati abbattuti e chi si trova a dover cambiare il medico non ha sempre la fortuna di trovarne uno libero sul territorio dove risiede. Certo, perché i massimalisti, ossia i medici che hanno già raggiunto il tetto massimo di 1.500 pazienti, non ne possono accettare altri e questo complica ulteriormente la ricerca.
Analizzando il problema a monte, il dottor Ongaro individua “due colli di bottiglia”: «Il primo è quello dell’università. La facoltà di medicina è una delle più selettive in assoluto. Troppo pochi posti disponibili. La limitazione degli accessi era stata introdotta una ventina di anni fa, come soluzione alla pletora di medici che c’era e che superava il reale fabbisogno a livello nazionale. Peccato che poi il modificarsi della situazione non sia stato accompagnato dai doverosi correttivi».
«Il secondo collo di bottiglia- prosegue il medico - è rappresentato dalla specializzazione che occorre, sia per lavorare come medico di medicina generale, che come medico ospedaliero. Nel primo caso il corso dura tre anni e prevede un numero di borse di studio disponibili limitato, nettamente inferiore ai reali bisogni».
Per non parlare dell’importo di queste borse di studio (750 euro al mese). Nel 2017, a pochi mesi dalla sua nomina, l’ex assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, aveva trovato una situazione ancora più carente rispetto a quella odierna. All’epoca i posti disponibili per il triennio formativo erano solo 100. Grazie al lavoro in sede di commissione Sanità della Conferenza delle Regioni, aveva ottenuto dal governo un cambio di passo, tanto che già l’anno successivo erano saliti a 384, per scendere a 350 nel 2019.
Oggi trentotto dottori
Ma il problema, che non è solo lombardo, risulta tutt’altro che risolto. Anzi: «Purtroppo - conclude Ongaro - tra cinque anni 14 milioni di italiani si troveranno “orfani” del medico di famiglia e assisteremo a un gap di camici bianchi in ospedale che, per effetto del blocco del turnover, della “gobba pensionistica” e di una non adeguata programmazione, renderà pressoché inutili i concorsi». A Legnano oggi i medici di base operativi sono 38 divisi nei vari studi associati: quelli giovani sono pochi, mentre la maggior parte si sta avviando alla pensione. Cosa succederà da qui ai prossimi cinque anni è dunque un dilemma.
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